E se le migliori e più affermate web radio italiane, munite di una forte personalità e di un profilo editoriale verticale, fossero presto oggetto di campagne di acquisto da parte dei più grandi gruppi radiofonici interessati ad arricchire la propria offerta digitale?
La recente intervista di questo periodico a Roberto Sergio, dinamico direttore delle reti Radio della RAI ha generato un interessante e proficuo dibattito su alcuni gruppi Facebook a riguardo delle cosiddette “radio verticali”, cioè radio tematiche accomunate da un medesimo brand (da cui la definizione “brand bouquet”) diffuse su piattaforme digitali (IP, DAB+, DTT, Sat). Abbiamo quindi deciso di tornare su un argomento più volte trattato su queste pagine.
In tutto il mondo, come ampiamente noto ai lettori di questo periodico, i maggiori player stanno rispondendo alla crescita a dismisura dei SOD, acronimo dei servizi di streaming audio (e qualche volta video) on demand (come Spotify, Pandora, YouTube Music, Deezer, ecc.) – che pur non essendo tecnicamente delle “Radio”, sono percepiti come tali da un gran numero di utenti radiofonici – realizzando declinazioni delle loro emittenti sempre più profilate su gruppi specifici di ascolto.
Negli Stati Uniti, leader di questa politica di reazione verso lo strapotere dei SOD è il gruppo radiofonico iHeart, il più grande del mondo, che vanta un migliaio di prodotti IP di tal guisa.
Più vicino a noi, in Francia, tutti i player radiofonici più importanti si sono già dotati di brand bouquet con decine di radio verticali: il colosso NRJ promuove in prima pagina il suo brand bouquet IP, forte ormai di 150 stazioni, seguito da Cherie FM con 50 emittenti, mentre l’oldies Nostalgie presenta un mux IP di oltre 30 radio.
Più contenuto il brand bouquet di RFM (una quindicina di radio) ed ancora poche radio tematiche per il gruppo RTL-Fun Radio (5 IP Radio brandizzate), che però ha in corso un grande progetto, così come SkyRock, FIP-France Inter Paris (attualmente meno di dieci radio) e Virgin Radio (sotto le 10 stazioni, per ora).
In Italia il gruppo più impegnato è RadioMediaset, con il collettore United Music che declina le stazioni tematiche di Radio 105, R 101, RMC e Virgin Radio, oltre ad altre emittenti con logo indipendente (dai brand terrestri). Anche RTL, Kiss Kiss e, come detto in apertura, la RAI di Roberto Sergio hanno da tempo creduto in questa evoluzione radiofonica, mentre non sembrano particolarmente impegnati in tal senso RDS e Radio Italia. Poco comprensibile, invece, il caso di Elemedia (Radio DeeJay, Radio Capital, m2o), antesignana dell’affermazione del modello delle radio verticali su IP e sat (Sky), ma che appare destinare poche risorse allo sviluppo di quello che per tutti appare una delle aree più importanti del business radiofonico 4.0.
Come abbiamo già scritto, RadioMediaset si appresta a rilanciare, sotto la direzione di Mario Volo, United Music, il proprio aggregatore free sul quale si potranno trovare anche nuovi canali firmati direttamente dagli artisti che proporranno i loro gusti musicali (cd. personality radio).
Tuttavia, per tutti, potrebbe esserci anche un’altra strategia di sviluppo: quella di riunire sotto un unico cappello editoriale (mux) i prodotti radiofonici verticali indipendenti costituiti da web radio che raccolgono più gradimento da parte del pubblico, ma che fino ad ora non sono riusciti a trovare un modello di business commerciale. In altri termini, non sono riusciti a monetizzare i propri riscontri di audience.
In effetti, sono molti i prodotti radiofonici italiani diffusi sul web che potrebbero integrare offerte IP (e/o DAB+, DTT e sat) di altri gruppi radiofonici senza dover necessariamente costruire da zero delle emittenti verticali e portarle all’affermazione.
“E’ chiaro che un’ipotesi di questo tipo (simile al principio della concessione pubblicitaria) presuppone un accordo molto stretto dal punto di vista commerciale ed editoriale anche se la sua migliore espressione sarebbe l’acquisizione di questi prodotti da parte di chi li vuole rendere parte della propria offerta“, spiega Giovanni Madaro, economista di Consultmedia, struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico, che sta lavorando proprio su iniziative di M&A volte allo sviluppo o alla creazione ex novo di bouquet radiofonici attraverso la collazione del “best of” delle web radio.
“Dall’estero ed in particolare dagli Stati Uniti siamo guardati come un laboratorio creativo molto interessante; la nostra inventiva è sempre stata riconosciuta: abbiamo inventato la visual radio DTT ed appunto i brand bouquet IP (i primi in assoluto all’inizio del nuovo millennio sono stati Lolliradio di Marco Lolli e United Music gestione Finelco, ndr) e alcuni nostri prodotti IP (web radio) sono valutati con rispetto e come esempio. L’idea di aggregare i migliori prodotti per rafforzare l’offerta verticale radiofonica di grandi collettori potrebbe portarci ancora una volta davanti agli altri. Peraltro l’iniziativa sarebbe coerente con un altro fenomeno sottoposto ad attenta osservazione da parte degli analisti: quello degli aggregatori, punto di arrivo inevitabile nel mondo delle connected car“, osserva Madaro.
“Parlando di prodotti musicali verticali, è certamente possibile fare delle radio che non siano solo sequenze senz’anima alla Spotify. Anche solo la cura della playlist (intesa come scelta dei brani), l’articolazione del flusso ed il suono distingue una sequenza di Spotify da una radio musicale verticale ben fatta”, commenta Massimo Lualdi, direttore di questo periodico ed avvocato della task force Radio Tv 4.0 di Consultmedia. “Mi capita sempre più spesso nei negozi di ascoltare in sottofondo della musica sequenziale con bianchi infiniti tra un pezzo e l’altro, evanescenze altrettanto infinite e brani musicali connessi senza logica BPM, ecc. Ecco, per esempio ascoltare una radio musicale verticale ben fatta, con una playlist scientifica, una attenta cura dei liners, dei jingles e del suono consente all’utente di percepire immediatamente la differenza e di connotarla come radio e non come l’equivalente streaming di una compilation. Fare una radio verticale non significa necessariamente mettere in onda brani sconosciuti o solo parlato. Si può farlo anche con le hits, a condizione di dargli un senso”.
Dopo quelle dei siti dell’editoria online, dello stesso streaming audio/video on demand e dell’e-commerce, assisteremo quindi anche in ambito radiofonico a campagne acquisti delle migliori web radio volte a rafforzare l’offerta delle radio verticali degli esistenti ed emergenti bouquet dei principali gruppi radiofonici? (E.G. per NL)