Apple Music conferma la prima posizione nella produzione di podcast, ma Spotify, a seguito dell’acquisizione di Gimlet Media e Anchor, è all’attacco, dimostrando ancor di più di voler competere con la Radio anche su contenuti non musicali.
Spotify chiude il 2018 con un bilancio positivo: i ricavi annui, infatti, sono stati di 5,3 mld di euro (+29,3% sul 2017), mentre le perdite – che nell’anno precedente erano risultate pari a 1,2 mld di euro – sono scese a 78 mln. La pubblicità, invece, resta a quota 142 mln, pur registrando un incremento del 30%, a dimostrare che il business è pressoché esclusivamente sull’attività pay.
Molto bene anche l’andamento dell’utenza, che – mentre all’inizio di novembre aveva raggiunto i 200 mln di abbonati – con la fine dell’anno è arrivata a 207 mln di utenti mensili attivi, 96 mln dei quali usufruiscono della versione premium.
Il mercato dei podcast nei Paesi d’Oltreoceano, nel 2018, è cresciuto del 28%, giungendo a quota 402 mln di dollari (351,6 mln di euro), e ottenendo così un successo quasi pari a quello delle serie tv.
La crescente fortuna di questi contenuti – siano essi di stampo giornalistico o basati sullo storytelling – ha portato Spotify ad acquisire settimana scorsa due società che aiuteranno l’espansione, iniziata già nel 2015, in questo settore. Gimlet Media è specializzata nella produzione di podcast ed è stata valutata attorno ai 70 mln di dollari, mentre Anchor permette di creare il proprio podcast e di diffonderlo in modo accessibile e facile per tutti.
I termini finanziari dell’acquisizione di quest’ultima non sono stati resi noti, ma le stime si aggirano attorno ai 106 mln, mentre per Gimlet Media Spotify ha pagato circa 200 mln. Daniel Ek, Ceo del servizio streaming musicale svedese, sul blog aziendale ha dichiarato che nel 2019 verranno investiti per la produzione di podcast fino a 500 mln (per dare una misura: circa l’intero volume della pubblicità radiofonica italiana) – al momento risultano attivi circa 185mila audio -, con lo scopo di ridurre le spese per i diritti d’autore, diversificare la propria offerta e spingere il pubblico a passare più tempo sulla piattaforma.
Prevedendo, inoltre, che il 20% degli ascolti nell’arco dell’anno corrente riguarderà contenuti differenti da quelli musicali, Ek ha così concluso: “Se avremo successo, inizieremo a competere in modo più ampio per tempo contro tutte le forme di intrattenimento e informazione, e non solo con i servizi di streaming musicale”. In altri termini, una dichiarazione di guerra ancora più netta di quelle passate nei confronti del mezzo Radio.
Anche grazie alle recenti acquisizioni, Spotify potrebbe posizionarsi al secondo posto nella produzione di podcast, preceduta solamente da Apple Music. (N.S. per NL)