Chi pensava che il periodo delle radio pirata fosse terminato e circoscritto agli anni Sessanta/Settanta del secolo scorso e, quindi, ormai superato deve ricredersi. Come riporta un articolo del New York Times, YouTube sembrerebbe essere diventato terreno fertile per una rinascita particolare di questo fenomeno.
La famosa piattaforma di streaming online, attraverso l’utilizzo di algoritmi, permetterebbe infatti di trasmettere video live 24 ore su 24, 7 giorni su 7, proprio come vere e proprie stazioni radiofoniche.
Il caso che il giornale americano riporta è quello di due giovani ventenni – Luke Pritchard e Jonny Laxton – che dal 2014 gestiscono un canale su YouTube denominato “College Music”, nato con l’obiettivo di promuovere gli artisti dai due ragazzi maggiormente apprezzati: non la solita musica “pop”, ma qualcosa di originale e unico. Nella primavera del 2016, quando scoprirono il live-streaming 24/7 e iniziarono a trasmettere senza interruzioni un singolo video, la concezione e la portata di questo canale mutò significativamente: dai 794 iscritti di aprile 2015 passarono a 98.110 ad aprile 2016 e oggi si toccano i 378.063 iscritti. Come facilmente immaginabile, tutti questi sottoscrittori e tutte le visualizzazioni realizzate non rimangono semplicemente numeri su una pagina web, ma si trasformano in un vero e proprio guadagno (si parla di circa 5.000 dollari al mese realizzati dallo streaming).
Simili al canale di Pritchard e Laxton, si possono trovare ChilledCow, Chillhop Music e molti altri, aventi come cifra distintiva – oltre alla modalità del live-streaming 24/7 – la valorizzazione di artisti emergenti che fanno, tra i vari generi, anche lofi hip hop: musica “povera” (a bassa fedeltà, lofi sta infatti per low fidelity) accompagnata generalmente da immagini di anime (i cartoni animati giapponesi). Unica nota dolente di questi canali che fanno musica in streaming non-stop – senza contare le strategie non proprio regolari – è che in alcuni casi si verifica una violazione delle norme in tema di copyright, violazione che spesso porta alla loro temporanea chiusura.
Nonostante ciò, la popolarità di queste pagine “pirata”, come si vede dai numeri di College Music, è innegabile e ciò è dovuto soprattutto alle abitudini di ascolto di ciascuno: “gli utenti di YouTube – riporta il NYT – spesso escono da un video dopo qualche minuto, prima che la clip sia terminata. Ma coloro che accedono ai live streaming tendono ad ascoltarli per mezz’ora o più, spesso come musica di sottofondo”. Questo comportamento porta ad un aumento dei tassi di permanenza sui video e, conseguentemente, ad una loro maggiore promozione da parte di YouTube stesso, in un circolo di sempre maggiori visualizzazioni.
Radio pirata o no, di sicuro questi canali costituiscono un fenomeno di rilievo, sia come realtà all’interno della piattaforma di video, sia come possibili competitor di big come Spotify ed AppleMusic. (G.C. per NL)