Secondo una indagine, pubblicata qualche giorno fa, di Canalys – società di Singapore che si occupa di analisi del mercato tecnologico globale – la diffusione degli smart speaker a livello mondiale nel 2019 crescerà dell’82,4% rispetto ai 114,0 milioni di unità del 2018, portandosi quest’anno a 207,9 e raggiungendo entro il 2023 l’incredibile numero di mezzo miliardo di device, cioè addirittura superiore ai tablet.
Secondo il report di Canalys, che conferma il trend indicato su NL la scorsa settimana dalla società di consulenza radiofonica USA Futuri Media, gli Stati Uniti dovrebbero mantenere il primato col 42,2% di penetrazione globale (ma lo sviluppo dei mercati dell’Asia orientale e in particolare la Cina potrebbero alterare velocemente l’equilibrio, anche se Google ed Amazon non sono presenti con i propri device).
“Gli smart speaker sono una grande opportunità per creare nuovi modelli di business anche al di là della musica e dei servizi di streaming di contenuti audio“, ha affermato Jason Low, senior analyst di Canalys, che ha aggiunto: “Gli smart speaker stanno diventando un canale per offrire oltre alla musica ed alle info su meteo, spettacoli, ecc, anche servizi essenziali come quelli di assistenza sanitaria, supporto ai disabili ed agli anziani, servizi amministrativi della P.A. ed ovviamente di e-commerce. Entro la fine del 2019 gli smart speaker installati in Cina raggiungeranno i 59,9 milioni di unità e lì gli operatori economici si aspettano grandi riscontri”, spiega Low.
“Tuttavia l’evoluzione in termini di hardware degli smart speaker sta facendo la differenza: i consumatori hanno aspettative sempre più elevate”, continua l’esponente di Canalys.
“Ci sono infatti ancora molti punti critici da risolvere – interviene Massimo Rinaldi, ingegnere di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico), che da due anni sta seguendo con attenzione lo sviluppo degli smart speaker per usi radiofonici in Italia -. Primo fra tutti il problema della semplicità d’uso: gli altoparlanti intelligenti sono, appunto, tali e quindi apprendono dalla costante interazione con il loro utente primario, con una forma di imprinting”.
“Altro problema importante sono le chiavi di interrogazione: sia Echo (Amazon) che Home (Google) reagiscono alle richieste più intuitive dell’utenza (es “Hey Google, sintonizza Radio X”) rimandando all’applicazione preinstallata TuneIn (l’aggregatore preferenziale che peraltro ha recentemente bloccato l’inserimento di nuove stazioni), mentre le skill delle emittenti utilizzano domande meno scontate (“Alexa, avvia Radio X”, “Alexa, lancia Radio X”).
In attesa che tale problema venga risolto da Amazon e Google, presumibilmente assegnando preferenza alle skill ed alle action rispetto alle applicazioni aggregatrici a parità di chiavi, cosicché se un’emittente dispone di una action, alla domanda “Hey Google sintonizza Radio X” indirizzerà alla piattaforma dell’emittente e non a quella di TuneIn (che sarebbe auspicabile rimasse collettore solo delle radio che non dispongono di skill ed action) le Radio devono assolutamente formare i propri ascoltatori spiegando in maniera semplice ma completa come utilizzarli per ascoltare le proprie trasmissioni, considerato che gli smart speaker consentono di colmare la diminuzione della fruizione casalinga dei programmi radiofonici causata dalla progressiva scomparsa dei ricevitori FM, che quest’anno scenderanno sotto la soglia del 40% di presenza nelle abitazioni italiane“, continua Rinaldi.
“C’è poi un altro fronte importante di sfruttamento delle potenzialità degli smart speaker; anzi, forse il più importante: i podcast. L’utilizzo di skill per Echo ed action per Home presuppongono la disponibilità da parte di una stazione radio di una propria “area” ove caricare e quindi richiamare da parte dell’utenza i podcast delle principali trasmissioni; in altri termini, l’humus per la radio on demand“, continua Rinaldi.
“Utilizzare gli smart speaker solo per l’ascolto del live streaming è come relegarli a surrogati del vecchio ricevitore casalingo FM, vanificando il valore aggiunto dato dalla possibilità di sfruttarli per lo streaming on demand. Infine, le skill e le action possono consentire l’accesso ai brand bouquet IP, la declinazione del marchio radiofonico principale in radio verticali, cioè un numero potenzialmente infinito di emittenti tematiche che consentono all’utente di trovare quella più affine ai propri gusti musicali e all’inserzionista di profilare l’utenza per singolo prodotto pubblicizzato“, conclude il consulente. (E.G. per NL)