Per avere una misura dell’importanza che le connected car rappresentano per l’automotive può essere utile fare riferimento ai dati pubblicati in questi giorni dall’Osservatorio Autopromotec (evento che si terrà a Bologna dal 22 al 26/05/2019) elaborati dalle rilevazioni di Orbis Research del 02/05/2019 che hanno stimato un trend di crescita dai 90,8 miliardi di euro del 2019 ai 270 del 2025.
A promuovere lo sviluppo previsto per il 2025 sono tendenzialmente due tecnologie: quelle legate alla sicurezza (radar, telecamere, sensori, ecc., che interagiranno con l’ambiente intorno alla vettura) e quelle afferenti all’implementazione di strumenti già utilizzati (quindi infotainment, diagnostica, telemetria, guida automatica).
Relativamente agli aspetti della sicurezza, la connessione IP consentirà la gestione del traffico, dei percorsi, delle condizioni atmosferiche avverse con sistemi di preallerta come il C-V2X presentato al CES 2019.
Lato upgrade delle dotazioni esistenti, da qui al 2025 a giocare una partita importante sono soprattutto la guida automatica, la navigazione assistita e ovviamente l’infotaintment, con l’ingresso in auto di nuovi contenuti audio, tra cui i servizi di streaming on demand (Spotify, YouTube Music, Pandora, Deezer, ecc.), la radio in streaming (rigorosamente tramite aggregatori quali TuneIn, FM World, Replaio, ecc.) ed il podcasting.
“Da almeno tre anni siamo impegnati sulla rivoluzione che le connected car comporteranno per il settore radiofonico”, commenta Giovanni Madaro, economista di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico). “Si tratta di una rivoluzione epocale quella che ci accompagnerà fino alla previsione di Orbis Research per il 2025, perché l’infrastruttura diffusiva via etere diverrà un elemento sempre meno rilevante da qui ai prossimi 15 anni e la competizione si giocherà su due aspetti: i contenuti (un conto è competere con una cinquantina di concorrenti in FM, un’altra con decine di migliaia di concorrenti presenti sul web) e, soprattutto, la rintracciabilità (conseguenza della presenza dei concorrenti di cui in precedenza, che possiamo ragionevolmente stimare in 150.000). Sgombriamo però il campo da un equivoco: a dominare il live streaming in auto non saranno misconosciute web radio, ma la declinazione IP degli attuali superplayer dell’etere che avranno saputo adattare l’offerta alle nuove esigenze, per esempio attraverso i brand bouquet IP, l’opportuna indicizzazione sulle principali piattaforme distributive (preselezione e suggerimenti da parte degli aggregatori) ed accordi con le telco che, nella consapevolezza che la battaglia per l’accaparramento degli abbonati non può proseguire sotto una soglia minima tariffaria (7 euro/mese) e massima di GB (50, concretamente inutilizzabili), ma deve essere sviluppata con valori aggiuntivi, quasi sempre legati a musica e video.
Non stupisce quindi che le compagnie telefoniche stiano studiando accordi con i broadcaster o i servizi di streaming on demand per contenuti audio esclusivi a favore dei nuovi utenti”, spiega Madaro.
“E’ indispensabile che gli editori che vorranno continuare ad essere tali acquisiscano piene consapevolezza della necessità di integrare l’offerta su aree competitive compatibili con lo scenario che si consoliderà in breve: a rischiare maggiormente sono coloro che hanno contenuti musicali facilmente replicabili da parte di un software come Spotify, mentre a guardare con maggiore tranquillità al futuro sono coloro che possono offrire qualcosa di diverso e di più. Che, beninteso, può sempre essere musicale, ma con principi ed approcci differenti”, conclude il consulente. (E.G. per NL)