Assodato che da qui in poi l’interazione coi dispositivi connessi ad internet per la somministrazione di contenuti sonori avrà luogo in quota sempre maggiore attraverso comandi vocali, sorgono alcuni importanti interrogativi a riguardo della rispondenza di alcune denominazioni di brand non facilmente intelleggibili da parte dell’Intelligenza Artificiale (I.A.) oppure afflitte da omonimie internazionali.
Un problema che avevamo già anticipato a febbraio di quest’anno e che, come previsto, si è rapidamente accentuato.
Guaio per ora limitato agli smart speaker, ma con una prospettiva preoccupante per le connected car
Il problema si pone attualmente in forma prevalente nel dialogo con gli smart speaker Google Home ed Amazon Echo (assistente Alexa) che non raramente faticano ad individuare certe emittenti in considerazione delle pronunce dei nomi da parte degli utenti, oppure per la preesistenza nel database di omonimie con stazioni estere.
Se tuttavia oggi tale criticità è contenuta, stante la tutto sommato marginale (almeno nel nostro paese) presenza di altoparlanti intelligenti nelle case, la progressiva diffusione di automobili dotate di comandi vocali anche per le funzioni di car enterntainment rende in prospettiva la questione estremamente rilevante.
E si badi bene: nel caso delle automobili, ad essere interessate non sono solo le veicolazioni IP, ma anche quelle DAB+ e FM, perché l’I.A. della vettura governa anche la somministrazione di tali contenuti.
Come ovviare al problema?
Il primo segnale d’allarme viene direttamente dagli smart speaker. Se gli utenti o la stazione stessa in fase di accreditamento delle chiavi di interrogazione per le action di Google o le skill di Amazon riscontrano problemi che vanno al di là della nota mediazione di TuneIn (aggregatore preferenziale per i citati OTT, integrati ora da Apple), allora è altamente probabile che la denominazione dell’emittente sia critica.
In questo caso le scelte sono sostanzialmente due: o si forma il proprio pubblico sulle corrette modalità di interazione con l’Intelligenza Artificiale che governa i device, oppure si adatta la denominazione dell’emittente alle nuove esigenze.
Uno e trino
Ma in una prospettiva di Radio 4.0 c’è un altro problema legato alla denominazione che viene alla luce.
Stante il superamento della limitazione del numero di stazioni fruibili a quelle ricevibili in FM, si rende necessario sfruttare i criteri di catalogazione che nel caso di molti aggregatori sono già presenti (talk, TOP 40, oldies ’70, oldies ’80, news, ecc.), ma non sono certamenti sufficienti in caso di generica interazione attraverso i comandi vocali dei device smart.
In questo caso soccorre la denominazione che, oltre ad essere rispettosa delle due esigenze citate (pronuncia non equivoca ed assenza di omonimia), dovrebbe in sé rappresentare il formato della Radio.
Esempio virtuoso
Un esempio su tutti: Radio Millennium è un esempio virtuoso di una denominazione che racchiude le tre esigenze (pronuncia non equivocabile, assenza di omonimia, format racchiuso nel nome).
Insomma, come nel caso della visual radio, la fase 4.0 della radiofonia importa nuove figure professionali chiamate a favorire i processi di indicizzazione ed in generale di SEO specifica per le emittenti. Un’opportunità interessante per chi saprà coglierla. (E.L. per NL)