Ci sono soggetti disposti a fornire servizi utili e di qualità perché le masse ne beneficino "accontentandosi" di ritorni economici indiretti (immagine di gruppo, lobbying, pressione politica, ecc.), ed altri (i più) che forniscono contenuti multimediali, informazione e intrattenimento solo a fronte di un ritorno economico diretto.
Poi ci sono i servizi pubblici, gli unici, allo stato dei fatti, che avrebbero (il condizionale è d’obbligo) il dovere di fare informazione di qualità a beneficio delle comunità d’appartenenza. Non v’è dubbio che Radio 24, oltre che registrare l’ottimo risultato di 2 milioni di ascoltatori nel giorno medio (ultimi dati Audiradio), sia un esempio calzante di emittente privata dotata di forte personalità, in grado di portare ai cittadini un servizio di all news giornaliero di prim’ordine, con nomi di richiamo e muniti di competenza nei settori d’interesse. Fino a pochi anni fa, sotto la direzione di Giancarlo Santalmassi, Radio 24 si era imposta come uno degli interlocutori principali per il pubblico radiofonico interessato all’attualità, arrivando a fare, con alcuni programmi in particolare (quali “La Zanzara” e “A tempo di Sport”) concorrenza persino alle reti informative Rai. Certo, poi alcune scelte discutibili hanno portato un certo declino sul piano degli ascolti, ma, in ogni caso, anche ai tempi d’oro, Radio 24 non ha mai portato utili nelle casse del Sole 24 Ore, il gruppo editoriale di proprietà di Confindustria che negli ultimi ventiquattro mesi ha perso qualcosa come novantatre milioni di euro. L’emittente radiofonica, con la sua affollata redazione, composta da novanta dipendenti, di cui trentasette giornalisti, snodati tra le sedi di Roma e Milano, non è mai riuscita, in dodici anni di esistenza, ad ammortizzare gli ingenti costi, dovuti prima all’acquisto delle frequenze da una serie di emittenti private sul territorio nazionale e dal Centro di Produzione spa, la società dei Radicali titolare della concessione Radio Radicale 2, sulle cui ceneri è nata Radio 24 e poi al mantenimento di una redazione con tanti nomi di grido. Nel 2006 e nel 2007, come ha riportato nei giorni scorsi il quotidiano Italia Oggi (concorrente diretto de Il Sole 24 Ore), le perdite erano state nell’ordine di 11-12 milioni di euro annui, salvo ridursi a circa cinque nel biennio successivo in virtù dei tagli obbligati che il management si era visto costretto ad apportare per scampare il tracollo. Il 2010 è stato un po’ più positivo, con circa quattro milioni di perdite, ma tirando le somme dei dodici anni di vita si capisce come l’emittente, seppur fornitrice di informazione alta e, quando possibile, imparziale (merce non rara, ma rarissima in Italia e, negli ultimissimi anni, ahinoi, anche su Radio 24…), non sia mai riuscita a portare utili nelle già vuote tasche del Sole 24 Ore. E questo è un lusso che un editore privato non può permettersi a lungo. Anche se per Confindustria Radio 24 è diventato un più che valido megafono politico. (G.M. per NL)