Quotidiani online: manca la creatività

Le Monde lancia un’altra proposta di “giornalismo partecipato”


Cosa succederebbe se le agenzie di stampa online, come Ansa.it, fossero oscurate, o rese inattive, anche solo per un giorno? Una domanda che si potrebbe rivolgere a molti di quei giornalisti italiani che, proprio la scorsa settimana, a causa di un lungo sciopero (per una società simile cinque giorni sono tanti) del più noto grossista di informazione italiana su internet, si sono sentiti mancare la terra sotto i piedi. In realtà, chiariscono i direttori di alcuni quotidiani, la mancanza di fonti ufficiali dovrebbe, al contrario, spronare ogni reporter ad effettuare ricerche minuziose e potrebbe essere, allo stesso tempo, un veicolo interessante per stimolare la creatività in tutti coloro che ci propinano informazione (intesa, naturalmente, con la “I” maiuscola). Il direttore del Secolo XIX Lanfranco Vaccari (56 anni), afferma che, in effetti, qualunque professionista della notizia non dovrebbe avere problemi di fronte ad uno sciopero come quello preso in esame, proprio perché la natura del reporter, quella del segugio alla ricerca della migliore notizia sulla piazza, non “deve” vai venir meno. Così, il direttore genovese mostra molta determinatezza nei confronti di quella stampa alla quale tra l’altro, qualche settimana fa, aveva lanciato un appello nei riguardi di un mancato fair play giornalistico (il caso riguardava la mancata possibilità di pubblicare identikit su carta, seguita da una multa di circa cinquemila euro). Lo seguono i commenti del condirettore del Giornale di Sicilia Giovanni Pepi (60 anni) e del direttore della Gazzetta di Parma Giuliano Molossi (53 anni), secondo i quali è da considerare in qualche modo accettabile il fatto che un giornalista possa perdere la “bussola dell’informazione”, quando una fonte, tanto ufficiale quanto importante, come Ansa, rimane in silenzio. Quello che non si può approvare, semmai, è la mancanza di creatività da parte di quel professionista, cronista o inviato che sia, che manca di fantasia e rischia così facendo di omologare i suoi articoli a quelli di altri quotidiani.
Dunque il problema non è più solo la certificata perdita di prestigio della professione giornalistica (un recente sondaggio di Harris Poll ha dichiarato che persino il lavoro di preti a agricoltori sia comunemente considerato più “valoroso”), ma anche la possibile epidemia di pigrizia che, a quanto pare, sta mietendo vittime anche tra i reporter più noti.
Un problema al quale Le Monde cerca di porre fine con un portale decisamente molto cliccato. Le Post, meritevole esempio di Web 2.0, è un indiscusso caso di “giornalismo partecipato” in tre semplici azioni: “suivez l’actu”, segui l’attualità alla ricerca di qualcosa di interessante; “partagez vos news”, condivi le notizie trovate; “vivez l’info en groupe”, vivi la notizia del gruppo degli iscritti, attraverso discussioni su forum e altri servizi simili. L’obiettivo sarebbe quello di rilanciare la stampa online, creando affiatamento tra i lettori della stessa testata, nella speranza che possano per primi collaborare alla ricerca di notizie ufficiali. Del resto, garantire l’ufficialità di uno scoop risulta sempre più difficile a causa dei numerosi blog, e degli altrettanto numerosi blogger, che, dopo aver distorto più o meno profondamente certi fatti, ne fanno pubblicazioni alquanto caotiche al servizio, indistinto, di tutto il popolo della rete. Negli Stati Uniti, i cittadini di internet hanno subito un’invettiva decisamente aspra da parte del giornalista del New York Times, e vincitore di un premio Pulitzer, Michael Skupe che li ha ridotti a fenomeno di gran rumore, ma assolutamente privi di credibilità. Ma i problemi oltreoceano, per fortuna, sembrano essere altri: mentre lo stesso Times di New York ha aperto i propri archivi, in forma gratuita, dopo aver appurato che gli introiti pubblicitari fruttavano decisamente di più, il magnate australiano Rupert Murdoch è ancora dubbioso sul costo o la gratuità del suo amatissimo Wall Street Journal.
La stampa, online o su carta, continua a subire colpi di una certa entità: se da una parte si piega alle più potenti logiche di mercato, dall’altra si riduce ad uno strumento che, più che divulgare informazioni, spera di creare negli individui degli ordini di priorità sui quali avere un opinione. L’effetto? Notizie a puntate, ripetitive e lunghe quanto una serie di fiction. E le novità? Solo quando sono “politicamente necessarie”. (Marco Menoncello per NL)

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