C’è nervosismo tra i competitor del settore televisivo italiano. Sarà l’aria di grande cambiamento alle porte, sarà la debolezza attuale del governo che spinge i concorrenti di Berlusconi a tentare la stoccata finale, sarà che forse siamo arrivati a un punto di saturazione.
Sarà, sarà, sarà. Di certo c’è, comunque, che il clima creatosi tra le aziende che stanno portando la tv italiana verso il passaggio al digitale non è certo idilliaco. Ieri, in una lettera al Corriere della Sera in cui rispondeva all’editoriale di Aldo Grasso, Tom Mockridge, ad di Sky Italia aveva accusato il comparto tv di scarsa concorrenza, poca innovazione e troppa dipendenza dalla politica. Aveva anche tracciato la via della ripresa attraverso quattro ricette, ovviamente favorevoli ai business della sua impresa. Gli aveva risposto, immediatamente, stizzito – come spesso gli accade in queste situazioni – Fedele Confalonieri, accusandolo di monopolizzare il mercato satellitare e di additare Mediaset come azienda che opera al di là delle regole, quando la stessa Sky, grazie all’“assenza” di norme restrittive è riuscita a superare, in sette anni, il fatturato del biscione. Si è fatta attendere qualche ora in più ma è giunta, per bocca del suo vice direttore generale Antonio Marano, pure la risposta della Rai, anch’essa tirata in causa dalle parole di Mockridge che, dicendo in realtà niente di nuovo, l’accusava di non innovarsi perché ostaggio dei partiti. “Mi spiace che Mockridge venga considerato un liberatore. – ha esordito Marano, nel corso del Prix Italia, il premio internazionale di tv, tenutosi a Torino – Qui non c’è nulla da liberare. Esiste semmai un problema di fatturato, la parola libertà in realtà nasconde la parola fatturato”. E ancora: “La competizione dell’offerta tv in Italia è la più forte che c’è in Europa. Sky ha un fare arrogante: in Italia ha il supermercato, ma la cassa ce l’ha altrove”. (L.B. per NL)