L’articolo 1, comma 593, Legge 296/2006, allegato alla scorsa manovra finanziaria, indica, senza possibilità di fraintendimenti, che per tutte le società pubbliche non quotate in borsa, nessuno tra amministratori e collaboratori possa ricevere uno stipendio annuo superiore ai 274 mila euro. Non solo, impone inderogabilmente l’obbligo di pubblicare (sul sito internet nel caso specifico della Rai) nomi e compensi dei propri (certo numerosi, data la mole degli impiegati dell’azienda) collaboratori. Per chiunque disattenda tale obbligo, la Finanziaria impone che gli atti di spesa non pubblicati non debbano avere corso. Detto, fatto: non appena entrata in vigore la legge, la Rai ha provveduto a dedicare al caso dei collaboratori un portale ad hoc (www.contrattidiconsulenza.rai.it), per porre chiarezza sulla spinosa questione. Il risultato è che, da oltre un anno, chiunque vada ad aprire l’home page si trovi davanti la scritta “Lavori in corso”. Nessuno sa nulla dei collaboratori Rai, quindi, nonostante anche la manovra finanziaria 2008 abbia rimarcato il problema: nell’articolo 50, comma 3, si specifica che l’azienda debba obbligatoriamente comunicare alla Commissione di Vigilanza i compensi di direttori, conduttori e collaboratori. Nonostante le recenti professioni di trasparenza sbandierate dai vertici aziendali, specie dopo il caso delle intercettazioni tra Berlusconi e Agostino Saccà, nessuno ha aperto bocca sulla faccenda. (Giuseppe Colucci per NL)