Quando querelare Google diventa moda

Caccia alle più originali cause ai danni del noto motore di ricerca


Il giornalista Miguel Helft, sul New York Times online di ieri, ha pubblicato una notizia secondo la quale qualche lettore americano avrebbe preso troppo alla lettera l’articolo scritto, circa un anno fa, dalla collega Katie Hafner. Il titolo, ironico, del servizio era “We’re Google. So sue us” (trad. “noi siamo Google. Querelaci”) e trattava la crescita esponenziale delle cause ai danni della società di Larry Page e Sergey Brin, permettendosi di analizzare, minuziosamente, tutti quei casi di ambiguità linguistica connessa ai marchi depositati dei numerosissimi inserzionisti. A fare proprio il motto di quell’articolo ci ha pensato una cittadina della Pennsylvania la settimana scorsa: la querelante Jayne Dylan Stephen, infatti, avrebbe fatto causa a Google di fronte alla corte federale denunciando che il nome del colosso di internet, capovolto, avrebbe sillabato perfettamente il proprio numero di Previdenza Sociale. Di seguito, l’ingegnosa signora, ha consegnato alla stessa corte un reclamo manoscritto dove si richiedevano esattamente 5 milioni di dollari in danni.
Assurdo? A quanto pare non abbastanza. A confermarlo è un altro caso, questa volta archiviato presso la corte del distretto federale del Texas, secondo il quale, un immigrato detenuto presso il CCA Houston Processing Center (un centro educativo per la correzione dei comportamenti dei detenuti gravi) avrebbe denunciato non solo Google, ma anche Yahoo, dichiarando di conoscere la vera etimologia di quei nomi. Secondo il detenuto Denis Maringo entrambi i marchi deriverebbero da due tribù africane nate alle falde del monte Serengeti: queste si chiamano in effetti Gogo e Yao, ma il collegamento risulterebbere decisamente troppo artificioso. La paradossalità del fatto non ha comunque risparmiato il sig. Maringo, che ricordando che la nonna materna era una Yao e il nonno paterno un Gogo, ha chiesto 10 mila dollari in danni per entrambe le tribù citate.
Yahoo, in realtà, è l’acronimo di “Yet Another Hierarchical Officious Oracle” (trad. “ancora un oracolo ufficioso strutturato gerarchicamente”), mentre Google è la distorsione della forma googol, termine matematico che indica il numero intero 1 seguito da 100 zeri. La scelta di Google nasce dalla necessità di indicare le numerosissime possibilità di ricerca che il motore di ricerca omonimo può garantire. Che adesso contrassegni invece il numero, altrettanto vasto, di querele ai suoi danni? (Marco Menoncello per NL)

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