La notizia del suicidio di un ragazzo di quindici anni, a Torre del Greco, ha fatto scrivere a Cristiano Gatti su Il Giornale un accorato articolo sulla solitudine nell’era di Facebook.
Perché il giovane aveva scritto sulla bacheca del social network la sua macabra intenzione, giorno dopo giorno, con un conto alla rovescia. La frase era “Sto arrivando all’Aldilà”. Nessuno ci aveva creduto. I compagni di classe hanno candidamente affermato che non avevano dato peso alla frase, che pensavano a qualsiasi altra cosa e non certo ad una tragedia annunciata. Questa valutazione del social network che ha poco di social stupisce. Accusare Facebook o chi lo frequenta di indifferenza, francamente è fuori luogo. Facebook, utile per ritrovare vecchi amici, tenere contatti, scambiarsi idee, è anche per la stragrande maggioranza di chi ci scrive solo una specie di sfogo delle proprie emozioni, di ciò che si cova dentro, di adesioni ad improbabili link, a comunicazioni che “dal vivo” non si avrebbe il coraggio di esternare. Non è un confessionale laico. Su Facebook sono scritte le cose più varie, solitamente basate sullo scherzo, sul paradosso, sulla voglia di stupire ( che, poi, non stupisce nessuno). E’ poco più ( o poco meno?) di una goliardata virtuale. Come si può pensare di prendere sul serio ciò che vi è scritto? Ma avete mai navigato veramente su Facebook? Un oceano di sciocchezze: slogan contro questa o quella squadra di calcio; adesione ai gruppi più diversi ( per tutti quelli che…e giù un’antologia delle situazioni più assurde); all’apertura del Biscotto della fortuna…Questo è Facebook. Spiace per la tragedia di quel povero ragazzo, ma l’indifferenza non è di Facebook che, invece, è diventato – pur tra tante sciocchezze – un modo per incontrarsi, per tenersi in contatto, per non essere soli. Che poi la vera amicizia sia tutt’altro…,beh, questa è un’altra storia. (Antonio F. Vinci per NL)