Il web cresce coraggiosamente. I giornali impazziscono. Potrebbe essere questo il modo migliore per descrivere lo stato d’allerta che colora (o ingiallisce?) le pagine di molti quotidiani internazionali. Da ogni dove arrivano conferme sul reale stato di crisi che la carta stampata sta attraversando. A questo si aggiungono poi una quantità variabile di improbabili rumors sulla vendita del New York Times. Ed è proprio leggendo i giornali che si apprende quali potrebbero essere gli acquirenti più audaci, sebbene tutti parlino di fantasiose ipotesi, ancora molto lontane dalla realtà. L’anno scorso era cosa certa che della questione se ne volesse occupare lo Squalo dell’editoria internazionale, Rupert Murdoch. Il rifiuto della famiglia Sulzberger fu più netto che in qualunque altra occasione. Del resto, come si poteva chiedere ai proprietari del New York Times di abbandonare la prestigiosa testata dopo averci lavorato per quattro generazioni? Come si poteva lasciare il frutto di un lavoro decennale al loro più acerrimo rivale? Le trattative infatti non si conclusero, lasciando spazio alla stampa internazionale per azzardare nuove teorie sul giornale newyorchese. A gennaio 2009 le indiscrezioni ricominciarono. Questa era la volta di Yahoo!, che avrebbe dovuto comprare il New York Times forse per dimenticare il fallimento degli accordi con Microsoft (trattasi della famosa offerta da 46 miliardi di dollari per impossessarsi di Yahoo!). A nessuno però sembrava interessare che non vi fosse ancora certezza su quale a.d. avrebbe dovuto prendere decisioni in merito. Jerry Yang stava sempre più fuori dalle righe e ancora non si conosceva il nome o il sesso del nuovo capitano (trattasi della biondissima Carol Bartz). Ora è il turno di Google. Dopo aver causato non pochi problemi all’Associated Press statunitense, a causa della presunta appropriazione indebita di notizie da parte di Google News, le voci sul fatto che alla società di Mountain View possa interessare il Times si sprecano. Ipotesi affascinante forse, ma senza fondamento. Sebbene la grande G non abbia affatto intenzione di creare una propria divisione “news” (motivo per cui l’acquisizione di una testata giornalistica per espletare questa funzione sarebbe più che conveniente e placherebbe i pessimi rapporti con l’AP), Larry Page e Sergey Brin hanno più volte confermato di non aver mai pensato all’acquisizione del Times. Dunque nulla di concreto finora. Se non fosse per la voce solitaria di David Geffen (fondatore della Geffen Records), il produttore hollywoodiano la cui “reale” proposta di acquisizione del New York Times è stata recentemente respinta, così confermando nuovamente la determinazione della famiglia Sulzberger. Chi sarà il prossimo? (Marco Menoncello per NL)