Gli investors statunitensi non potevano non considerare come veicolo pubblicitario rilevante i “diari della rete”, in gergo informatico, blog. L’esplosione che questo genere comunity ha avuto negli ultimi tempi (i primi sbocciarono in USA nel 1997 per poi sbarcare in Italia quattro anni dopo), ha indotto chi si occupa di allocare efficientemente le risorse aziendali per la promotion a guardare anche questa nicchia del web con particolare attenzione. Ovviamente, dando uno sguardo d’insieme sul mondo di internet, gli USA sono in testa per il ragguardevole livello di esperienza già raggiunto su tutti i fronti, know how che ha consentito, per l’ultimo quadriennio, di restituire le prime incoraggianti stime sulla pubblicità in rete: nel 2006 gli inserzionisti d’Oltreoceano, complessivamente, hanno speso 16,9 miliardi di dollari on line, rispetto al 2002 cifra quasi triplicata con ottime prospettive di crescita anche per gli anni a venire, se si tiene conto che nella prima metà del 2007 gli esborsi in questo campo hanno lì raggiunto i 10 milioni di dollari (dati dell’Internet Advertising Bureau).
Concentrando l’attenzione sui blog, la semplicissima, mirata ed elementare tecnica di scambio e condivisione di idee, impressioni ed informazioni, pare stia spopolando in tutto il mondo, al punto che, in Corea del Sud, Yahoo sta sperimentando un motore di ricerca specifico. Secondo quanto riferisce Zdnet, il tool è stato lanciato per lavorare all’interno del servizio per la pubblicazione di blog che l’azienda di Sunnyvale ha nel paese asiatico. Tuttavia, l’operazione viene interpretata come una premessa/sperimentazione per la realizzazione di una tecnologia specifica di search dei blog da avviare negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo.
Kim Malone Scott, direttore delle vendite e delle operazioni on line di AdSense di Google, fa notare che “non occorrono grandi competenze tecniche per pubblicare un blog di successo” se si considera che il 57% dei ragazzi americani tra i 12 e i 17 anni, già nel 2005, secondo la statunitense Associazione no profit Pew Charitable Trust, ha creato contenuti internet: blog, donazioni su pagine web di scuola, di amici o di un’organizzazione, condivisione di contenuti on line, quali grafica, foto, storie, video, fino ad arrivare in qualche caso ad operazioni di miscelazione di contenuti scovati girovagando qua e là per la rete. Ancora, il 19% di questi teenager ha pubblicato il proprio “diario” ed il 38% legge costantemente uno o più blog. Dati alla mano, questi ambienti sono divenuti, per gli utenti che vi accedono, espressione della loro personalità. Molte realtà nazionali, tra le quali anche la nostra, vantano specifici gruppi di discussione e di aggiornamento su argomenti e temi che più di altri riflettono passioni e modo di essere di nicchie di internauti.
Da un punto di vista strettamente commerciale, questo l’aspetto che qui, ora, maggiormente interessa, tale capacità espressiva di tali ambienti facenti parte, assieme ai social networking ed altre similari realtà, del c.d. Web 2.0, possono divenire efficace strumento di analisi, sia di trend e mode giovanili (in quanto i più giovani, attualmente, sono la fetta d’utenza più rilevante in ambito virtuale), che di marketing.
Uno studio curato poco più di due anni fa da www.masternewmwdia.it e diretto ad orientare le scelte degli spender che vogliano investire in pubblicità nell’universo virtuale, a nostro avviso ancora estremamente attuale, ci restituisce risultati che ad una prima impressione parrebbero fin troppo audaci, ma, dipanando le varie considerazioni svolte da un’accurata analisi delle nuove fonti pubblicitarie, ci induce a valutare attentamente le avvincenti conclusioni: la pubblicità sui blog raggiunge in maniera più efficace i propri obiettivi rispetto ad un’azione pubblicitaria su siti con un maggiore traffico. Vediamo brevemente perché.
Lo stile comunicativo di un blog permette ad un messaggio di amplificare portata e capacità persuasiva per tre principali ragioni. La prima è collegata al fatto che in questi ambienti la comunicazione parte dalla persona (che sceglie di visionare quei contenuti con una certa costanza ed animato da un profondo interesse per i pochi e specifici argomenti trattati) e non dal sito; ne consegue che il prodotto, prima ancora di essere pubblicizzato, viene reso pubblico trasmettendo la propria sopraggiunta disponibilità. In seconda battuta, deve essere sfatato il mito secondo cui un maggiore livello di traffico (in termini di contatti da parte degli internauti rispetto ad un sito) sia in grado di convertire in vendita qualsiasi prodotto. Difatti, in ambienti web particolarmente sponsorizzati, dove sono presenti molte impression e dei più disparati generi, è facile che l’utente sia sempre più disinteressato alla specifica promozione. Se è vero che al giorno d’oggi, prima di determinarsi per un acquisto, il consumatore cede sempre più alla tentazione di effettuare, conto proprio, una preliminare ricerca in internet al fine di colmare quella che gli studiosi di economia politica chiamano “asimmetria informativa”, questo prodromico adempimento non è certo occasionale e non potrà limitarsi ad una visione incidentale di un determinato prodotto laddove si navighi mossi da ben altri intenti rispetto all’acquisto dello stesso. Invero, a titolo esemplificativo, il blog che supponiamo tratti degli ultimi ritrovati tecnologici, è veicolo privilegiato per chi, appassionato della materia, voglia acquistare un certo marchingegno elettronico; è altrettanto verosimile che la pubblicità di tale prodotto in un ambiente in cui gli utenti ne commentino caratteristiche e potenzialità sia più efficace piuttosto che se inserita nella home page di un quotidiano. Quanto meno, le due campagne considerate, potrebbero e dovrebbero essere concepite con differenti finalità: l’una, di diffusione del prodotto, l’altra, di disamina preliminare ai fini dell’acquisto. La seconda restituirà, probabilmente, più immediati risultati in termini economici e meno ragguardevoli obiettivi in merito al precipuo scopo dell’advertising, ossia quello di creare un “bisogno”, una potenziale utilità del promuovendo “ultimo ritrovato in campo di…”, nel consumatore. In ultimo, sempre secondo il lavoro svolto dal citato periodico che principalmente si occupa di news editoriali ed e-marketing, occorre confutare la teoria secondo la quale l’utente fidelizzato di un sito ad alto traffico è pronto per l’acquisto. Questo, in realtà, ha già scelto la pagina che controlla costantemente e tale atteggiamento comporta la creazione di percorsi conoscitivi automatici, schemi mentali che il nostro cervello utilizza per attivare una sorta di risparmio cognitivo. Frequentando costantemente lo stesso sito, a meno che il webmaster non ne cambi spesso il layout, il cervello interpreta gli schemi visivi e dopo molte visite si crea la c.d. “blindness”: alcuni elementi della pagina non vengono neanche percepiti, come ad esempio i banner, al punto da divenire quasi invisibili.
Lo studio in commento, afferma ulteriormente che i blog hanno una capacità potenziale di link popularity elevatissima, in quanto, essendo fatti da persone, vengono spesso citati da altre persone, si collegano tra loro e si scambiano contenuti. Vieppiù, chi decide di fare pubblicità in questi ambienti, gode di uno stretto legame con le chiavi di ricerca, aumentando la propria capacità di investire in automatico in tantissime “parole spia” dello stesso campo. Una tecnica di tal fatta conferisce, dunque, al contempo, una maggiore visibilità della promotion, una maggiore viralità del messaggio (in termini non virtuali, in pratica, la possibilità di essere riferibile ad una piattaforma tematica di più blog per effetto delle citazioni incrociate degli stessi) ed un buon livello di comprensibilità per effetto di una politica di non affollamento pubblicitario, unita ad una omogeneità dovuta principalmente alla monotematicità degli argomenti trattati dal “diario della rete”.
Benché talune delle conclusioni di Masternewmedia siano finalizzate, soprattutto, a promuovere l’acquisto di spazi pubblicitari sui blog, molte delle considerazioni svolte ci appaiono assolutamente pertinenti al dibattito sull’evoluzione dello strumento di internet a servizio dell’advertising che, come si è più volte dato conto in queste pagine, archivia anno dopo anno incrementi assolutamente ragguardevoli. Ricollegandosi, però, al nostro punto di vista in precedenza accennato, se la promotion in genere serve soprattutto a far conoscere ad un pubblico indeterminato un certo prodotto o servizio, quella sul web 2.0 dovrà essere necessariamente aggiuntiva per il ristretto, se pur attento e reattivo, pubblico al quale si rivolge.(Stefano Cionini per NL)