La nuova frontiera del marketing su internet provoca reazioni di segno opposto: c’è chi la ritiene un’opportunità rivoluzionaria e chi pensa che assomigli un po’ troppo al Grande Fratello (quello orwelliano, naturalmente).
Il "retargeting" è uno strumento che permette, grazie al meccanismo tecnologico dei "cookies" (letteralmente "biscottini", piccoli file che ogni sito che visitiamo su internet deposita nel nostro PC) di "inseguire" un navigatore della rete suggerendogli soluzioni di acquisto di beni o servizi personalizzate in base alle sue scelte pregresse. In pratica: se ad esempio ho visitato un sito di e-commerce, ho messo nel carrello un oggetto che mi interessava e poi ho rinunciato all’acquisto per un motivo qualsiasi (prezzo, caratteristiche, soluzioni di pagamento, ecc.), diventa possibile per il venditore "corrermi dietro" per il web, proponendomi sconti o soluzioni alternative su quel prodotto o altri simili, tramite banner o inserti pubblicitari che appariranno "per magia" dovunque io stia navigando sulla rete. Il tutto basato su appositi server e applicazioni che provvedono ad assemblare "al volo" gli annunci, piazzati poi su spazi pubblicitari acquistati "in stock" da chi fornisce il servizio. Diverse società sono infatti già in grado di offrire pacchetti di questo tipo e anche Google, manco a dirlo, sta proponendo il "retargeting" come evoluzione di AdWords. E’ un po’ il sogno di ogni ufficio marketing: conoscere da vicino il consumatore, sapere cosa gli passa per la testa e come soddisfare i suoi veri o presunti bisogni. E non tanto quello che è già cliente, quanto l’appartenente a quella categoria sfuggente che "passa e va", dà un’occhiata alla tua merce, magari prende in mano l’oggetto del desiderio e poi, per qualche misterioso motivo, molla tutto e scappa via. In questo senso la rete e le sue possibilità di stabilire una relazione "uno a uno" con chi sta al di là dello schermo è il mezzo perfetto, quello che permette di mettere finalmente in pratica in modo efficace tutte le teorie di personalizzazione della comunicazione pubblicitaria di cui si parla da anni nei testi sacri del marketing. Il problema è sempre quello della consapevolezza, ovvero di quanto questi meccanismi siano realmente compresi e apprezzati da parte degli utenti della rete. L’aspetto psicologico sarà in questo senso importante: il "retargeting" può infatti rendere troppo manifesto il fenomeno, peraltro già ben presente, della "profilazione" degli utenti della rete in base alle loro preferenze di navigazione, suscitando la sgradevole sensazione di essere personalmente spiati e schedati senza preavviso. Oppure può produrre un poco piacevole effetto da "venditore ambulante" che ti assilla con la sua merce anche se già hai manifestato il tuo disinteresse. I contrastanti risultati del marketing telefonico, con tutti i relativi contenziosi sul piano della privacy, dovrebbero aver insegnato qualcosa. Nonostante ciò, i pubblicitari manifestano entusiasmo e tracciano scenari idilliaci con vantaggi per tutti: non solo (ovviamente) per i venditori e per le agenzie di advertising, ma anche per i consumatori che potranno ottenere migliori condizioni e prezzi più vantaggiosi. Saranno i numeri delle vendite a decretare o meno il successo di questo nuovo strumento, anche se probabilmente non ci daranno conto di quanto della nostra sfera personale avremo ancora una volta ceduto ai "demiurghi della rete". (E.D. per NL)