La possibilità di conoscere un pubblico di utenti per mirare ad un target preciso e sensibile è ciò che attira gli investimenti degli inserzionisti pubblicitari, quindi più c’è disponibilità di dati, più l’advertiser dovrebbe essere sicuro del proprio investimento: l’habitat preferito per chi investe in pubblicità sembra quindi essere il web. Oppure no?
Uno studio di Advertiser Perceptions ha rilevato infatti che c’è una forte discrepanza tra l’utilizzo dei dati derivanti dalle analisi dell’audience, abitudine pienamente diffusa tra gli inserzionisti, e la fiducia che i medesimi ripongono nell’accuratezza di quel dato: su circa 200 advertisers intervistati (197 per la precisione, di cui il 52% erano agenzie e 48% clienti) addirittura i due terzi hanno dichiarato di non fidarsi totalmente degli insights, ma la quasi totalità ha affermato di utilizzarli con frequenza medio-alta.
Un altro comportamento conflittuale con la scarsa fiducia nelle analisi dell’audience, è il numero di siti su cui gli inserzionisti spargono la pubblicità: di quelli intervistati da Advertiser Perceptions, il 30% ha inserzioni su più di 250 siti ed il 23% su più di 1000. Questi numeri sembrano molto alti anche ai diretti interessati, tanto che nel 63% dei casi si è discusso a livello societario sull’opportunità di ridurre il numero di siti dove pubblicare le campagne. Non sempre questi confronti portano ad un’inversione di tendenza: la maggioranza delle compagnie continua ad aumentare i canali di trasmissione delle campagne, mentre il 15% ha messo a punto un piano per ridurli e solo il 7% ha iniziato operativamente a farlo.
Da un lato la scarsa fiducia nell’efficacia delle analisi dell’audience, dall’altro l’enormità di dati da monitorare per coloro che spargono inserzioni su molti siti web, avrebbero come conseguenza – secondo lo studio – una disaffezione degli advertiser al monitoraggio delle campagne: meno del 50% effettua verifiche e analisi di più di metà delle proprie campagne.
Quando analisi e verifiche vengono svolte, nell’80% i dati risultanti vengono utilizzati, sebbene solo il 33% degli inserzionisti dichiara di ritenerli affidabili.
Indipendentemente dalla fiducia riposta negli insights, tra gli advertiser è diffusissima (95%) la sensazione di perdere parte dei propri investimenti in inserzioni “bluff”, cioè non redditizie o addirittura nocive perché posizionate su siti dal traffico “fake” (composto da bots) oppure con contenuti discutibili o riprovevoli: ben il 52% degli interistati da Advertiser Perceptions pensa che tali perdite ammontino a più del 10% della spesa pubblicitaria. (P.B. per NL)