Pubblicità, radio: anche in USA il peggio sembra essere passato

In Italia, come scrivevamo ieri, il peggio per la radiofonia sembra essere passato. O almeno il peggio in termini di raccolta pubblicitaria, visto che lì il trend negativo pare essersi invertito. Il problema è che l’onda lunga di una crisi economica che per fortuna potrebbe essere più breve di quanto inizialmente ipotizzato (semmai una crisi possa essere corta per chi la vive) ha investito il settore sul piano strettamente finanziario solo questa estate, sicché parlare di ripresa in questo momento appare poco convincente. Eppure anche negli USA (dove il dramma economico è iniziato qualche mese prima che da noi ed in maniera più virulenta) i segnali sono positivi o quantomeno stanno diminuendo i numeri negativi. Ne dà notizia oggi Radio Passioni, in un post interessante che titola "Radio USA: per la pubblicità è già dopo-crisi" e che presenta alcuni spunti di riflessione.
 
"Dati negativi se confrontati al 20pubblicitC3A020USA20trend202008 2009 - Pubblicità, radio: anche in USA il peggio sembra essere passato08, ma incoraggianti se analizzati in una prospettiva più generale. Il valore pubblicitario della radio negli Stati Uniti secondo il Radio Advertising Bureau avrebbe superato la boa dei valori minimi raggiunta tra fine 2008 e inizio 2009. Il secondo trimestre di quest’anno mostra infatti un rallentamento della contrazione, con un valore di 4,1 miliardi di dollari. Nei primi due semestri, il fatturato pubblicitario si attesta sui 7,7 miliardi, con un netto predominio delle inserzioni locali: 5,1 miliardi di dollari. In crescita sono gli incassi che provengono dalle promozioni pubblicitarie "off-air", in particolare quelle della categoria "digitale" (siti Web, mobile) che incassano 221 milioni di dollari nei primi sei mesi dell’anno (il quale dovrebbe chiudersi con 298 milioni di fatturato) e in proiezione dovrebbero fruttare alle casse delle stazioni 426 milioni nel 2010 e 908 milioni nel 2013. Il localismo della radio sembra attirare in modo particolare la categoria merceologica che ha scalzato, al primo posto della classifica degli inserzionisti più generosi, l’industria dell’auto, storico numero uno. Oggi gli spot radiofonici delle case automobilistiche sono solo la terza fonte di reddito. Al primo ci sono… I ristoranti, in particolare le grandi catene. E non stiamo parlando di McDonald’s o Domino’s Pizza, ma di brand come Subway, Dunkin’ Donuts e Romano’s Macaroni Grill, catena di griglierie che sul suo sito Web organizza addirittura un corso online di lingua italiana, all’insegna di un accattivante "Parli italiano? If you want to know enough to be dangerous…" (se vuoi saperne abbastanza da essere pericoloso…). Dopo la ristorazione, la categoria più ricca è quella degli operatori di telefonia, seguiti dall’automobile e, al quarto posto, le compagnie di tv via cavo, che guarda caso devono rivolgersi alla radio per convincere nuovi abbonati. Al settimo posto troviamo l’abbigliamento e gli accessori, dove tra i big spender radiofonici compare il marchio italiano Luxottica (che nel secondo trimestre ha investito 3,3 milioni di dollari in spot radiofonici USA). Cliccate qui per scaricare l’intero report in PDF dal sito del RAB.

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