Pubblicità nei video di YouTube: è la fine del sogno?

Dopo l’acquisto del “portalone” per 1,65 miliardi di dollari, Google ha deciso di mettere a frutto l’investimento inserendo video pubblicitari con una strategia non troppo invasiva


YouTube è sempre stato un portale all’interno del quale chiunque poteva dar libero sfogo alla propria vena artistica, alla propria volontà di raccontare e di raccontarsi, al proprio talento e alla propria stupidità, senza chiedere né dare nulla che non fosse strettamente legato al video o ai video da mettere in rete. Questa sorta di zona franca, acquistata da Google per 1,65 miliardi, si avvia verso una lenta ma, con ogni probabilità, inesorabile (e, per certi versi, prevedibile e inevitabile) opera di “commercializzazione”, rientrando anch’essa, ultima degli irriducibili, nel mondo governato dalla politica del “do ut des”. Ed infatti, l’ingresso della pubblicità nel mondo fatato di YouTube va a sottrarre al sito quell’aura libertà intellettuale che ne è sempre il cardine imprescindibile. Certo, da Google fanno sapere che si tratta di una tipologia d’advertising poco invasiva, che si può scegliere se visualizzarla o buttarla nel cestino, che si limita solo ad alcune tipologie di video: ma si tratta solo dell’antipasto d’un business che, se remunerativo, ci farà dire addio alla vecchia politica di YouTube, checché ne dica il management di Google. In particolare, questa nuova forma d’advertising via web consiste in una striscia pubblicitaria in overlay mostrata durante la riproduzione dei filmati e che rimane in evidenza per un totale di 10 secondi. Quando l’utente clicca sulla striscia pubblicitaria il filmato principale viene messo in pausa e si passa all’interazione con il contenuto pubblicizzato. Dopo un’ovvia fase di sperimentazione su larga scala (limitata solo ai videoclip immessi da società controllata da Google) la nuova forma pubblicitaria potrebbe diventare familiare ed essere allargata a gran parte dei videoclip immagazzinati sul portale, per la gioia dei manager di Google e la disillusione degli utopisti che vedevano in YouTube una bandiera della libertà d’esprimersi senza per forza dover fare il gioco delle grandi multinazionali. (Giuseppe Colucci per NL)

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