Il rapporto Going for Growth dell’Ocse ha confermato ciò che in Italia già sapevamo: il nostro mercato televisivo non rispetta i canoni di competitività degli altri paesi europei.
Come riporta Giuliano Balestrieri su Repubblica.it di qualche giorno fa, infatti, la raccolta pubblicitaria in termini di televisione, in Italia, presenta delle preoccupanti anomalie. Nessun paese tra quelli analizzati da Ocse (oltre a noi, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito), infatti, presenta dati paragonabili a quelli del nostro paese, dove uno degli operatori – Mediaset, nella fattispecie – divora oltre la metà del totale degli introiti derivanti dal marcato pubblicitario. A fronte di un audience medio, nel 2010, del 37,6% (qualche punto in più se si considera il target commerciale), infatti, l’azienda televisiva privata di proprietà della famiglia Berlusconi ha portato a casa ben il 63% del totale di 3,8 milioni di euro spesi in Italia per far pubblicità in televisione. La colpa, principalmente, risiede nelle norme che obbligano la Rai a non superare il tetto del 12% di pubblicità sul totale dei minuti di trasmissione, mentre al suo principale concorrente è consentito sforare sino al 18%. Ed il governo sta spingendo per portare al 20% del totale di trasmissione questo limite. Ovvio, poi, che la Rai, a fronte di audience del 41,3% nell’arco dell’anno passato, riesca a raccogliere solo le briciole (ossia il 23%) della torta che, tra l’altro – causa il calo dei listini tv che ha fatto ridurre vertiginosamente il costo degli spazi – risulta una delle più basse tra i paesi europei più industrializzati: 7,7 miliardi (di cui la metà esatta finiscono nelle tasche dei network televisivi), che sono nulla a confronto dei quasi 17 miliardi spesi in Germania (dove la stampa ne raccoglie quasi la metà e la rete, con il suo 20%, avvicina pericolosamente il 23,6% della tv), ad esempio. L’anomalia, però, resta la sproporzione nella suddivisione dei ricavi, con Mediaset troppo forte e una Rai troppo remissiva e troppo poco tutelata dalle istituzioni in materia. È per questo che l’Ocse ha intimato all’Authority di indagare sul grado di competitività di questo mercato. Perché gli altri piccoli concorrenti – Sky e La7 – acquisiscono una quota di introiti sostanzialmente equivalente alle proprie audience, mentre la Rai – a causa, come detto, del tetto per la pubblicità – arriva a poco più della metà. Certo, anche in altri paesi le emittenti di Stato hanno un tetto alla trasmissione di pubblicità, ma a suddividersi il resto della raccolta ci sono più concorrenti: in nessuno di essi, infatti, un’emittente supera la metà del totale delle entrate. (L.B. per NL)