Sono ormai in molti ad essere convinti che la riscossa del mercato pubblicitario partirà dalla radio. Il medium elettronico più antico ha sopportato tre gravi crisi: il consolidamento della tv (anche nella sua recente radicale evoluzione tecnologica), l’avvento dei new media e, ovviamente, il default economico (quasi) mondiale.
Non ne è passata del tutto indenne, ovviamente, ma tra i media è quello che ha le ossa meno rotte e si sta riprendendo più velocemente. Mentre la stampa è data perlopiù per spacciata, stritolata dal web, e la tv locale è finita nel girone dei dannati per colpa di gravissimi errori strategici, politici, tecnologici ed editoriali (spesso di matrice associativa), la radio ha saputo reagire, rimettendosi in discussione, cambiando il modo di proporsi al pubblico e, soprattutto, evolvendo le formule comunicative sul piano pubblicitario. Del resto, era impensabile competere con l’iperdatato spottino contro strumenti ad alta profilazione dell’utente come Google. Traspormando la necessità in opportunità, le emittenti radiofoniche virtuose hanno saputo adattarsi al mutamento dei tempi, delle abitudini, delle richieste (e delle possibilità) del mercato e delle tecnologie. L’ascolto in streaming ormai galoppa e gli editori più attenti l’hanno capito, presidiando opportunamente le piattaforme distributive, sfruttando il plusvalore della diffusione FM – pressochè ancora unica metodologia per l’ascolto della radio in movimento – per tenere a freno la temuta concorrenza delle web radio, che, dopo un’iniziale euforia (più di forma che di sostanza), si sono in gran parte perse nel mare magnum di Internet. Il fatto, del resto, che il podcasting abbia mostrato un interesse da parte del pubblico decisamente inferiore alle aspettative è la dimostrazione che la radio tradizionale, fatta di diretta e interazione con l’utente è ancora un cavallo su cui puntare. Sul piano pubblicitario la nazionale radiofonica è al centro di fortissime attenzione da parte delle poche concessionarie attive, che stanno cercando di consolidarsi spartendosi il mercato prima che faccia ingresso un nuovo grande soggetto che inevitabilmente andrà ad occupare il posto mancante, destabilizzando gli equilibri esistenti. Così, mentre gli ascolti salgono, le pianificazioni dei centri media per il 2014 sono promettenti. Eterogenea, invece, la situazione del mercato locale, con tante emittenti agonizzanti condotte prevalentemente da editori demotivati che si alternano ad operatori testardi e virtuosi che hanno saputo mettere a frutto la fantasia commerciale (non di rado basata sulla riscoperta delle opportunità dell’animazione, nelle sue declinazioni di contatto, di intrattenimento e di servizio) ed intuizioni imprenditoriali (come le diverse formule di content providing). «L’analisi degli ascolti dice che la radio ha saputo trasformarsi e adattarsi alle nuove piattaforme media in modo molto efficiente", ha spiegato sull’argomento alla convention milanese per la presentazione di RadioCompass 2014, Roberto Binaghi, a.d. di Mindshare Italia, l’agenzia media che ha curato l’indagine sulla salute dei media in collaborazione con le maggiori emittenti private italiane e le concessionarie pubblicitarie nazionali. "I programmi radio non si ascoltano più solo dalla radio, sia quella di casa che le autoradio, ma stanno crescendo rapidamente gli ascolti via Web, il podcast e soprattutto lo streaming – ha illustrato Binaghi alla platea di attenti ascoltatori – La tv raccoglie soprattutto un pubblico più anziano e sedentario, la radio invece trova utenti tra che è fuori casa e chi è in attività. Di fatto, gli alto-consumanti di radio sono basso-consumanti di tv e questo rende i due media complementari piuttosto che alternativi. La radio sta insomma dimostrando un potenziale da integratore di campagne tv. La radio ha sempre avuto fondamentali solidi ha patito la crisi degli ultimi anni in via congiunturale, ma ha strutturalmente le carte in regola. E infatti sarà tra i media che beneficeranno del “rimbalzo” del mercato in questo 2014. Non sarà ancora una vera e propria ripresa, ma certamente il calo dovrebbe essere finito. Il mercato italiano potrebbe risalire di circa un 1,5% e la radio resterà su questa media. Meglio andranno Internet e la tv. Internet, in particolare, dovrebbe crescere di 7-8 punti percentuali. La tv in media quasi del 3%, ma con un forte distinguo al suo interno: a tirare la ripresa degli investimenti sul piccolo schermo saranno quasi soprattutto le nuove tv native digitali, le nuove piattaforme come Discovery in primo luogo, ma anche Sky e i nuovi canali di Rai e Mediaset. I canali generalisti tradizionali beneficeranno quest’anno di grandi eventi come le Olimpiadi invernali e soprattutto i mondiali di calcio brasiliani di quest’estate, resteranno comunque più indietro ma cresceranno anch’esse anche se “solo” di un paio di punti percentuali», ha concluso l’a.d. di Mindshare Italia. (M.L.)