Anche nella pubblicità, come in tutti gli altri comparti, internet è l’unico medium che cresce. Cresce a ritmi molto elevati, mentre gli altri, con velocità altrettanto sostenuta cadono giù in picchiata.
Questo, nonostante l’Italia resti, come da tradizione, indietro di una generazione rispetto ai maggiori concorrenti europei. Nel nostro paese, di fatti, la somma degli investimenti pubblicitari sul web nel 2012 è stata pari a 1,250 miliardi di euro, solo 50 milioni in più che nei Paesi Bassi, dove la penetrazione generale di internet tra la popolazione è dell’88%, a fronte del 52% in Italia (dati 2011 di Internet World Stats). Restiamo, quindi, ancora molto in ritardo rispetto ai nostri rivali continentali Germania (3,950 miliardi) e Francia (2,2 miliardi). Per non parlare dell’Inghilterra (5,5 miliardi). Nonostante questo, però, anche se a rilento, la rivoluzione copernicana dei mezzi di comunicazione sta prendendo piede anche in Italia, specie dopo che gli smart phone hanno portato internet nei taschini delle popolazione europea con più alta incidenza di telefoni cellulari per abitante. E gli altri media? Arrancano, tremendamente indietro, in una corsa che vede loro la terra disfarsi sotto i piedi. La tv, con il 53,6% della torta pubblicitaria sui media è ancora leader indiscusso ma, nel terzo trimestre del 2012, ha perso il 10% secco rispetto all’anno prima. Dato che dovrebbe ridimensionarsi, dicono gli esperti, nell’ultimo trimestre, con il periodo di Natale, fino a toccare quota 7,5%. Ma non è questo il punto. Il punto è che, se la pubblicità sui giornali affronta una crisi consolidata e prevista, quella in tv, al di là della congiuntura economica negativa e del periodo recessivo, è in forte crisi identitaria. Lo spezzettamento degli audience, esigenti e allenati a trovare ciò che cercano, senza compromessi, in rete, fa sì che gli investitori pubblicitari si trovino a dover ridisegnare completamente le proprie strategie, trovando forti difficoltà. Ciò, chiaramente, lascia il settore in uno stato di incertezza che potrebbe ampliare i margini di squilibrio rispetto alla corsa matta della pubblicità in rete. (G.M. per NL)