La crisi dell’editoria è quasi passata, ma l’altalenante pubblicità lascia ancora il segno. Infatti, la recessione economica ha colpito soprattutto il mercato pubblicitario, che ha subito una perdita del 13,4 %.
La Federazione italiana editori giornali (Fieg) ha presentato lo studio “La stampa in Italia 2008-2010” contenente dati e prospetti delle strategie concrete d’uscita dalla crisi. L’inizio del miglioramento delle condizioni è dato senza dubbio dalle politiche di riduzione dei costi di gestione, con la doverosa attenzione a non abusarne nel medio lungo periodo perché potenzialmente controproducenti sul piano dell’investimento e dell’adeguamento dei processi produttivi. Adeguarsi per uscire dalla crisi sembra la “ricetta” dell’editoria: matrimonio di convenienza con il web e scelte orientate alla qualità del prodotto. Gli utenti unici di siti di quotidiani in un giorno medio del mese di dicembre 2010 sono stati 5,447 milioni con un incremento del 37% rispetto a dicembre del 2009. Internet, quindi, rappresenta un’isola felice per l’informazione, rispetto alla vendita e alla diffusione dei quotidiani in costante peggioramento: i quotidiani italiani in quattro anni hanno perso circa 900 mila copie. Purtroppo ciò non basta ad assestare lo squilibrio del mercato: il settore “pubblicità” è conquistato dalla tv, che detiene il 56% dell’intera torta, con una crescita, nel 2010, degli investimenti pubblicitari pari al 3,8 %, segnando invece un calo del 4,3% per la stampa. Un esempio importante del felice connubio pubblicità e tv è dato dall’utile a + 180 % di Sipra, concessionaria Rai, che con il passaggio al digitale terrestre si garantisce la concreta possibilità di un ulteriore incremento della raccolta pubblicitaria. Innovazione e creatività, quindi, sono ampiamente accontentate attraverso gli investimenti pubblicitari, in crescita, per la Sipra, di oltre il 4% sulla raccolta 2009. E’ palese che il digitale sia un toccasana per l’informazione e la divulgazione, ma la concorrenza fra stampa e tv non facilita la ripresa dell’editoria, ferma sul piano pubblicitario. La questione è delicata, in quanto la stampa fornisce un prodotto di valore costituzionale, che non può essere svalutato da uno squilibrio così esuberante. Il pluralismo e l’indipendenza dell’informazione sono il fondamento della democrazia, e le imprese editrici non possono assolvere tale funzione essenziale in un disarmonico mercato. Il monito arriva allo Stato, che deve assicurare supporto agli editori, soddisfare le esigenze e trovare soluzioni potenzialmente salvifiche, anche se, nostro malgrado, la richiesta di incentivi si scontra con una congiuntura economia alquanto negativa. (C.S. per NL)