Si chiude con segno meno la raccolta pubblicitaria nel periodo gennaio-giugno 2014: in termini assoluti la perdita sullo stesso semestre 2013 è stata pari a circa 80 mln di euro.
Come riportato dai dati Nielsen, i primi sei mesi dell’anno complessivamente registrano la performance positiva del mezzo televisivo, a +1,3% e il sostanziale pareggio di internet; negativo invece il settore della carta stampata, con i quotidiani e i periodici rispettivamente a -10,4% e -11%. Male anche per la radio che cala del 2,9%, dopo l’ottima partenza nei primi mesi dell’anno. Per quel che concerne i settori merceologici, gli alimentari sono in consolidata ripresa (+3%) e anche distribuzione e finanza registrano segnali positivi (rispettivamente +5,6% e +17,1%). Lo stesso non si può dire dell’automobile e delle telecomunicazioni, che per ora non navigano in buone acque. “Al giro di boa dell’anno – ha dichiarato Alberto Dal Sasso, advertising information service business director di Nielsen – i dati raffreddano le speranze su una ripresa del mercato per il 2014. A meno di accadimenti inaspettati e imprevedibili in positivo, sarà difficile terminare l’anno in pareggio. Con l’inizio dell’autunno potremo dire se la bilancia penderà più verso il -2% o il -3%”. Dal Sasso ha poi commentato i dati relativi all’evento dei mondiali brasiliani – come si legge in un articolo di ItaliaOggi di giovedì 14 agosto – “Sono numeri differenti rispetto al 2010, anno dei Mondiali in Sudafrica, quando il mese di giugno cresceva di 76 mln di euro rispetto al 2009. Si consideri che proprio il 2010, con un incremento del 7,9% fu l’ultimo anno a concludersi in positivo. Ci troviamo quindi di fronte a una conferma della crescita in occasione di eventi mediatici importanti, ma anche al perdurare della situazione di stallo in cui versa la nostra economia”. In merito ai risultati del recente mondiale brasiliano – il più caro della storia, con i suoi 11 mld di euro – i nostri attenti lettori, ricorderanno che le tv che si sono accaparrate i diritti hanno fatto il pieno di spot e di successo: se tuttavia ci addentrassimo in un’analisi del conto economico secco costi-ricavi, ci accorgeremmo dell’eccessivo divario e dello scarso profitto finale ottenuto. Le cifre da cavare dalle tasche per l’acquisto dei diritti televisivi delle grandi manifestazioni sono a dir poco stratosferiche: i mondiali di calcio sono iniziati il 12 giugno, per terminare con la finale Germania-Argentina il 13 luglio (la raccolta pubblicitaria è andata indubbiamente a impattare in misura maggiore sul mese di giugno, anche nei giorni precedenti all’inaugurazione). Bene, il colosso Sky ha sborsato la bellezza di 175 mln in diritti per trasmettere l’intero pacchetto di 64 match in versione pay, a cui vanno sommati i costi per il mantenimento in Brasile di 130 inviati, che nulla hanno da invidiare alle grandi spedizioni cinquecentesche per la scoperta del Nuovo Mondo, con caravelle e cavalli al seguito. Ma Rupert Murdoch non si è fermato qui: ha investito addirittura in uno studio sulla spiaggia di Copacabana, acquistato sei anni fa, dal momento che solo sei location erano disponibili. Nel mese di giugno la raccolta complessiva del gruppo è stata pari a circa 58 mln di euro (34 in più rispetto al 2013): a livello abbonamenti però si è registrata la perdita di circa 25.000 clienti sul giugno dello scorso anno. Il Mondiale per Sky non ha di certo contribuito ha un incremento dei nuovi clienti, ma probabilmente è stato funzionale per evitare di perderne di ulteriori, e ha permesso di dare lustro e pregio all’intera offerta televisiva. Non è un caso che le parole di Jacques Raynaud, executive vice president Sky Sports c& Sky Advertising, esprimano la consapevolezza e la necessità di un futuro cambiamento “Diciamo che la politica di Sky sui grandi eventi andrà rivista in modo diverso nei prossimi anni: di sicuro sono fantastici per la soddisfazione degli abbonati e per la raccolta pubblicitaria, però hanno costi così alti che diventa necessario riflettere sul futuro”. Anche Rai non ha certo tirato la cinghia per la competizione oltreoceano: 85 mln di euro per trasmettere 25 partite in chiaro, oltre ai costi di una spedizione di 44 persone (si parla di una cifra che supera i 5 mln di euro). Nel mese di giugno l’emittente statale ha raccolto complessivamente 83 mln di pubblicità, ovvero 17 mln in più rispetto alla raccolta dello stesso mese 2013. L’obiettivo di raccolta di 75 mln di euro solo per l’evento Mondiali in Brasile, fissato anzitempo da Fabrizio Piscopo, a.d. di Rai Pubblicità, è stato indubbiamente raggiunto: ma a prescindere dal raggiungimento, avrebbe tuttavia più senso considerare il valore incrementale dell’evento rispetto alla raccolta del giugno 2013, quando i Mondiali non c’erano. Tenuto conto che fino a fine giugno la Rai era più o meno in linea con i risultati pubblicitari dell’anno precedente, si può ritenere che l’effetto incrementale sia attorno ai 20-30 mln, rispetto a un investimento di quasi 100 mln. L’anti-economicità dell’operazione salta subito all’occhio: ma ovviamente la Rai ha oneri di servizio pubblico da rispettare, che vanno al di là della valutazione dell’impatto costi-ricavi. (V.R. per NL)