Nell’intervista per le Figaro, il CEO di Publicis Arthur Sadoun ripete come un mantra: “è tempo che la pubblicità si reinventi”. E reinventarsi nel terzo millennio vuol dire, secondo Sadoun, puntare tutto sulla tecnologia, ibridando marketing e creatività con i Big Data. Il patron della multinazionale francese ha osservato come il sistema dei servizi di pubblicità sia uno dei pochi a non aver fatto una “rivoluzione tecnologica”, come invece è avvenuto per il turismo e il settore alberghiero. La traduzione operativa di questa necessità è stata la creazione della piattaforma informatica “Marcel Bleustein-Blanchet” (nome piuttosto complesso, scelto in onore del fondatore di Publicis) affidata alla manager canadese Carla Serrano: enfatizzando, Sadoun l’ha definita un’intelligenza artificiale e, in effetti, il software utilizza algoritmi e Big Data per supportare il lavoro dei 180 mila dipendenti sparsi in 130 paesi e connetterli tra loro e con i clienti. La transizione al digitale, però, per rendere nuovamente Publicis competitiva rispetto agli Internet Giants non può essere solo una questione tecnica; Sadoun spinge per un cambiamento profondo, di modello: bisogna abbandonare i c.d. “silos pubblicitari”, ossia le pianificazioni quantitative su tutti i media disponibili, e puntare alla comunicazione “tailor made” per il cliente e per ogni mercato specifico. L’evoluzione del modello di business da “massivo” a “su misura” richiede un altro cambiamento interno, che vedrà la necessaria e stretta cooperazione tra creativi e informatici: l’ibridazione inseguita da Publicis non è solo nella concezione del servizio, ma nell’organizzazione stessa del lavoro e della struttura aziendale. (P.B. per NL)