L’attuale decennio appare legato all’affermazione dei social network. Facebook oggi è il secondo operatore dopo Google per utenti unici e, di gran lunga, la società con maggior tempo medio speso per utente.
Nonostante la vivacità dimostrata da internet, che è l’unico settore a registrare il segno più, il mercato pubblicitario italiano resta un malato cronico. È quanto emerge dall’indagine conoscitiva sulla raccolta pubblicitaria realizzata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Tra i punti dolenti, in una fase particolarmente critica per la contrazione degli introiti legata alla crisi economica cominciata nel 2008, la forte concentrazione in tutti i settori sotto esame, con distorsioni del sistema che producono effetti negativi sulla formazione del prezzo. Lo studio evidenzia la forte capacità di tenuta della televisione che rimane in Italia il mezzo pubblicitario preponderante. Non così gli altri mezzi tradizionali, ed in particolare della carta stampata, interessata da un declino che appare di natura strutturale. Esattamente l’opposto di internet che nel 2006 ha superato la radio, e dal 2011 è diventato il secondo mezzo in Italia, oltrepassando quotidiani e periodici. Agcom spiega che il web ha un fatturato ancora inferiore a quello della televisione e stampa, ma la sua rilevanza è crescente come comparto pubblicitario. Anche sul web c’è però una forte concentrazione. Lo scorso decennio è stato caratterizzato dall’affermazione dei motori di ricerca, con la leadership prima di Yahoo!, scalzata poi da Google. L’attuale decennio appare, invece, legato all’affermazione dei social network. Facebook oggi è il secondo operatore dopo Google per utenti unici e, di gran lunga, la società con maggior tempo medio speso per utente. In Italia, nonostante la crescita, il peso di Internet è inferiore rispetto agli altri paesi. Dal 2005 al 2009 la quota del web nel mercato pubblicitario è salita dall’1,6% al 9,3%. Negli Usa, tre anni fa, il settore valeva già il 13,7%, mentre nel Regno Unito addirittura il 26,7%. La televisione mantiene la leadership, quasi ovunque, pur perdendo terreno, così come i quotidiani. In Italia il piccolo schermo raccoglieva il 49,5% degli introiti complessivi nel 2005, contro il 46% del 2009. I quotidiani sono passati invece dal 19,9% del 2005 al 17,2% del 2009. Leader incontrastato del mercato resta Fininvest con una quota del 36% nel 2010, davanti alla Rai con il 13,8%, RCS Mediagroup (5,1%), Gruppo Editoriale l’Espresso (4,9%). Quinto operatore è Google che ha ormai superato News Corporation, Telecom Italia e Confindustria/Il Sole 24 ore. Alla luce dei dati, l’Autorità spiega che «restano distorsioni nel funzionamento del sistema pubblicitario» e «il recente sviluppo dei servizi di media auditing, attività nata appunto per alleviare gli effetti di tali fallimenti di mercato, non appare in grado, di per sè, di riportare il sistema verso un esito efficiente di mercato». (ANSA)