La pubblicità in generale nel 2017 non ha registrato una buona performance: il primo semestre si è chiuso con un -3% rispetto al 2016, collocandosi a 3,24 mld di euro.
Lo ha reso noto Nielsen, che ha spiegato che, tuttavia, si tratta di un effetto statistico legato agli anni dispari e ad alcune contingenze straordinarie del 2016.
Infatti, esaminando le performance dei singoli mezzi si nota su’ottima salute della radio (+5%) e della Go Tv (+7,6%) ed un ancorché modesto segnale positivo per il transit (+1,2%). Negativa invece la televisione (-1,9%, che addirittura a giugno precipita a -10,9%, anche se va considerata l’assenza di eventi trainanti il pubblico).
Tuttavia, a trascinare in giù il comparto sono stati soprattutto i quotidiani in costante caduta libera (-10,8%), i periodici (-7%), outdoor (precipitato con un preoccupante -17,2%), il cinema (-9,1%) e, seppur in misura minore, il direct mail (-2,7%) e internet (-1,7%), che sta interrogandosi sulla reale efficacia della digital adv.
Piuttosto quello che preoccupa è che per il medium radiofonico, se non si porrà prestissimo rimedio al ritardo nella pubblicazione dei dati d’ascolto della nuova indagine radiofonica del Tavolo Editori Radiofonici (TER), potrebbero registrarsi effetti negativi sull’imminente avvio della nuova stagione.
I dati, attesi da ben oltre un mese e mezzo, infatti, non sono stati pubblicati, né risulta arrivata una giustificazione sul ritardo.
Sul punto abbiamo annotato come nel settore circolino molte voci sulle possibili motivazioni dell’indugio: alcune fantasiose, altre (come sempre) cospiratorie e qualcuna che potrebbe pure avere un qualche fondamento di natura procedural-statistico vista la successione nella rilevazione (precedentemente condotta da Eurisko per Radio Monitor, a sua volta subentrata ad Audiradio).
Qualunque sia la spiegazione del rimando, la situazione è sintomatica della necessità di mettere mano ad un sistema che ormai appare anacronistico rispetto alla raggiunta maturità del medium ed – ovviamente e soprattutto – agli sviluppi del mercato pubblicitario e mediatico in generale.
Qui abbiamo ampiamente stigmatizzato l’utilizzo di un metodo arcaico come il telefonico CATI nell’era della profilazione assoluta, tanto più che l’adozione del meter sarebbe immediatamente attuabile senza effetti collaterali, salva una possibile svalutazione dei dati delle top radio a fronte di un innalzamento dei valori delle emittenti minori, stante la neutralizzazione del controverso effetto “notorietà del marchio”.
Sull’intera metodologia ha poi sollevato perplessità (per usare un eufemismo) la stessa Agcom, che con ogni probabilità riprenderà il tema a breve, ove l’indifferenza verso le proprie censure persistesse.
Infine, non pare certamente accettabile uno scollamento temporale di diversi mesi tra il momento della rilevazione e quello della pubblicazione del dato, circostanza che comporta l’applicazione in ritardo di correttivi o la sottovalutazione di trend positivi che l’emittente potrebbe invece cavalcare e massimizzare ove ne avesse consapevolezza.
A riguardo delle suesposte problematiche appare francamente incomprensibile il silenzio delle associazioni di categoria delle emittenti radiofoniche. (E.G. per NL)
Foto di Floriano Fornasiero