In dirittura d’arrivo il decreto legislativo Brunetta sulla riforma della Pubblica Amministrazione, che sarà presentato ad uno dei prossimi Consigli dei Ministri. Un vero e proprio giro di vite per la PA, che contiene novità interessanti, tra cui una marcata responsabilizzazione dei dirigenti pubblici.
“Dirigente pubblico, mi hai provocato? E io me te magno!”. Chissà se Alberto Sordi avrebbe reagito così leggendo la bozza del provvedimento di Brunetta. Il decreto legislativo, di cui abbiamo potuto leggere sui quotidiani varie anticipazioni, prevede infatti il pungo di ferro per la Pubblica Amministrazione italiana. E la novità maggiormente rilevante è che le azioni più dure non sono questa volta indirizzate al “dipendente medio”, o ai cosiddetti “fannulloni”, come era avvenuto, tra non poche polemiche, ad inizio legislatura. Ad entrare nel mirino del Ministro è il cuore della PA, la dirigenza pubblica. Il progetto di riforma promette molte cose, che se attuate potrebbero cambiare per sempre la vita all’interno dei pubblici uffici. Si agisce su una delle leve che, nel privato, funziona di più: la parte variabile della retribuzione, che sino ad ora, nel pubblico, è stata considerata come qualcosa che andava garantito e mai messo in discussione. Il progetto di decreto legislativo, invece, non dà nulla per scontato in tal senso: se un dirigente pubblico non raggiunge i suoi obiettivi può vedersi tagliato lo stipendio sino all’80% della parte variabile della sua retribuzione. E spariscono anche gli scatti automatici di carriera. In pratica, d’ora in poi, solo un quarto dei dipendenti di ciascuna amministrazione potrebbe beneficiare del trattamento accessorio nella misura massima prevista dal contratto, e non più della metà potrebbe goderne in misura ridotta del cinquanta per cento. Come a dire: mica tutti possono essere i più bravi. Se tutto ciò diventasse norma dello Stato si darebbe il via ad una vera e propria rivoluzione meritocratica. Resta da vedere chi e come determinerà gli obiettivi dei singoli dirigenti, perché c’è il rischio che si identifichino obiettivi talmente semplici da raggiungere, tali da togliere senso a tutto il meccanismo. Ma di per sé, stabilire che solo un dipendente su quattro può essere definito “eccellente”, e pagato come tale, è già una bella presa di posizione. E chissà se anche negli uffici pubblici comincerà a serpeggiare quel pizzico di invidia e competizione che caratterizza le vite lavorative di tutti coloro che lavorano nel privato. Brunetta ha di fronte a se una grande sfida. Se ce la fa, potrebbe essere ricordato come uno dei ministri più attivi di tutta la storia repubblicana. (Davide Agazzi per NL)