Ormai è chiaro: o il governo andrà incontro alle radio-tv locali, oppure le emittenti andranno contro il governo. Le stazioni locali hanno infatti dichiarato guerra.
La chiusura delle ambasciate delle rtv locali, messe in ginocchio dalla soppressione delle provvidenze per l’editoria con la conversione in legge del DL Milleproroghe approvata in via definitiva dal Senato oggi pomeriggio, è già stata annunciata e il passo successivo, che potrebbe già essere mosso la prossima settimana, sarà la trasmissione martellante, su scala nazionale, attraverso un migliaio di stazioni (tra radio e tv), di uno spot di protesta che certamente non farà bene al claudicante governo Berlusconi, già bastonato dai disastri d’immagine dei recentissimi scandali economico-finanziari. "Il grande magnate dei media Silvio Berlusconi ama soltanto quelli di sua proprietà, in relazione ai quali ha beneficiato sempre di interventi legislativi ad personam. Per la difesa del pluralismo e la libertà di informazione, invece, né Berlusconi né il suo governo fanno quanto in loro potere. Le emittenti radiofoniche, in particolare quelle locali, sono essenziali per garantire un minimo di pluralismo in questo Paese", ha dichiarato Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, che ha aggiunto: "Ritengo sciagurata e dalle conseguenze liberticide la decisione di procedere al taglio dei rimborsi per energia elettrica, telefoni, agenzie. Questi tagli avranno per conseguenza un deficit sostanzioso nei bilanci delle radio e imporranno per molte emittenti la rinuncia alle agenzie, riduzioni di personale e in alcuni casi persino la chiusura. Il governo del magnate dei media Berlusconi attacca le radio, riduce gli spazi di democrazia e pluralismo, perché non sopporta voci fuori dal coro. Difendere le emittenti radiofoniche è un dovere per la sinistra e tutte le forze democratiche. Sarebbe assai miope sottovalutare le conseguenze di un simile attacco alla libertà di informazione", ha rincarato il segretario di Rifondazione. E, in effetti, quella della cancellazione delle provvidenze per le radio e tv locali appare come una buccia di banana su cui l’esecutivo ha voluto incoscientemente scivolare non si sa bene per quale motivo, visto che il ritorno concreto per le finanze dello Stato è ridicolo, mentre l’utilità per il settore della radiotelevisione locale dei contributi soppressi era elevatissima. E ciò tanto più in una fase di lentissima uscita dalla più grave crisi economica del dopoguerra, che ora rischia di divenire impossibile per molte imprese editoriali. Spaventato dalle possibili conseguenze della propria incomprensibile decisione, pare ora che il governo voglia tentare di correre ai ripari, anche se non si sa bene come. Infatti, se, tutto sommato, potrebbe essere relativamente semplice, sul piano giuridico, recuperare le provvidenze del 2009 cancellate in maniera retroattiva dal deleterio emendamento approvato in via definitiva oggi, più complesso appare pianificare i contributi relativi alla corrente ed alle prossime annualità. E’ infatti evidente che non si potrà pedissequamente reintrodurre una norma che si è scientemente voluto cancellare dall’ordinamento. Parrebbe allora più probabile che – qualora fosse confermata l’intenzione di ritornare a Cesare ciò su cui Cesare contava per la propria sopravvivenza – le provvidenze possano risbucare sotto altra forma o comunque attraverso modalità di erogazione differenti rispetto a quanto è avvenuto sino ad oggi. “L’ordine del giorno approvato oggi dal Senato perché sia garantita l’erogazione integrale dei contributi a favore dei quotidiani editi e diffusi all’estero e per quelli pubblicati dalle Associazioni dei Consumatori, nonché per il ripristino dei benefici dell’editoria per le radio tv locali deve essere considerato un atto impegnativo per il Governo", ha spiegato a riguardo Il Segretario della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), Franco Siddi, che ha allertato il governo: "Guai se fosse assunto come puro atto di indirizzo politico su cui riservarsi la discrezionalità di intervento. L’assenso del Sottosegretario Giorgetti all’ordine del giorno Vita, Randazzo, Micheloni, Blazina, Legnini, Lusi, Ferrante, Vimercati non può che trasformasi ora in un impegno a ricercare, in tempi brevi, le risorse finanziarie, soprattutto per coprire gli oneri derivanti dagli obblighi già contratti per il 2009 ed erogabili nel 2010. E accogliendo la sfida per una riforma condivisa dei contributi all’editoria entro i prossimi mesi, non v’è dubbio che vada assicurata una corretta transizione ad un eventuale nuovo sistema di interventi, rigoroso, trasparente finalizzato esclusivamente al sostegno del pluralismo in tutte le realtà della comunità italiana e dell’occupazione specifica. Ciò che pesa di più in questo momento è la scelta politica di considerare figli minori, da discriminare, la stampa italiana all’estero e l’emittenza locale. Recuperare questa ingiustizia in uno dei primi provvedimenti straordinari utili (a cominciare da quello per lo sviluppo) è possibile se il Ministero dell’Economia compie uno sforzo di piena considerazione delle problematiche che si sono aperte e dei valori che sono in gioco". Siddi ha oggi informato che "Nei primi giorni della prossima settimana la Fnsi valuterà con le rappresentanze del sistema dell’emittenza radiotelevisiva locale e della stampa italiana all’estero, nonché con tutte le forze sociali interessate, iniziative di mobilitazione e di confronto che proseguiranno fin quando non arriveranno impegni certi sul ripristino delle provvidenze ora negate sui tempi della riforma di sistema e della indispensabile normativa di transizione”. Che si voglia puntare al ripristino dei fondi a tv e radio locali è stato confermato oggi anche dal viceministro al MSE con delega alle Comunicazioni Paolo Romani, che ha dichiarato: "Dovremo trovare delle soluzioni. Il problema va innanzitutto quantificato. Dopodiché occorrerà trovare una soluzione di fronte alle proteste giunte da radio e tv locali". La speranza è che questa volta i sindacati delle emittenti locali non si facciano abbagliare da facili promesse da campagna elettorale. Perché, o le provvidenze (o i surrogati delle stesse) verranno ristabilite entro il mese di marzo, o difficilmente lo saranno mai più. (A.M. per NL)