La speranza (e il fatto che siamo in Italia, dove tutto sul piano normativo può accadere e infatti spesso accade) è l’ultima a morire.
Sulla scorta dell’antico inciso, le emittenti radiotelevisive stanno, praticamente tutte, presentando la domanda per accedere ai benefici noti come “provvidenze all’editoria”, sebbene i medesimi contributi siano stati improvvisamente cancellati con il noto decreto Milleproroghe. Seguendo l’orientamento delle associazioni di categoria e delle principali organizzazioni di assistenza giuridico-amministrativa, la maggior parte delle imprese radiotelevisive ha predisposto e spedito (o vi sta provvedendo) entro il termine previsto (31 marzo) l’istanza, richiedendo l’accesso alle riduzioni tariffarie relative ai consumi di energia elettrica e telefonici, nonché il rimborso delle spese riguardanti l’abbonamento ai servizi delle Agenzie di informazione ed i canoni di noleggio e abbonamento ai servizi di telecomunicazione. Ciò, nonostante l’attuale normativa pare aver lasciato in piedi solo i rimborsi delle spese telefoniche. Si è sperato, nel corso di questo mese, che il Governo compisse un passo indietro ripristinando i benefici, su cui le imprese radiotelevisive locali da anni fanno affidamento, o posticipando il termine per la presentazione delle domande, nelle more di prendere una decisione sul futuro delle provvidenze. Nulla di tutto questo è però accaduto. Le emittenti, soprattutto quelle di minore dimensione economica, hanno cercato di far sentire la loro voce, mediante la diffusione di spot di protesta che hanno inondato la programmazione giornaliera (e che giustamente continuano ad essere trasmessi, stante la sostanziale indifferenza mostrata dall’esecutivo a riguardo). Ma, fino ad oggi, tutto è stato vano. Si è ottenuto, infatti, solo ciò che è stato definito su questo periodico un “contentino” previsto dal c.d. Decreto Incentivi, che però non ha inciso sulla questione "provvidenze", limitandosi ad aumentare (per una quota di molto inferiore a quanto il DL Milleproroghe, come convertito in legge, aveva sottratto) il fondo di altri contributi. Il termine del 31 marzo è, quindi, ormai alle porte ed alle imprese radiotelevisive non resta che sperare in una positiva, sebbene improbabile, conclusione della vicenda. La parola passa adesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. (Daniela Asero per NL)