Prosegue sulle pagine di questo periodico il confronto sul rischio di estinzione delle radio locali.
Dopo gli interventi dell’associazione Conna, di Claudio Astorri, di Gianni De Berardinis e di Franco Denari, ospitiamo il parere sull’argomento del giornalista massmediologo Nicola Franceschni, articolista di questo periodico, conduttore radiotelevisivo e curatore del sito FM World.
Scrive Franceschini sull’argomento:
“Stavo leggendo, sia da newslinet.it sia dal sito di Astorri, una serie di articoli in cui si parla delle radio locali, di una nuova seconda vita di tante realtà che assecondano – meglio di Rai e network – “il bisogno di appartenza e di attività sociale”. Belle parole e ottime analisi che condivido tuttavia solo in parte. Innanzitutto, secondo Audiradio sono radio locali tutte quelle che non vengono inserite tra Rai e network. E quindi sono radio locali le syndication Cuore, Lattemiele e Margherita. Sono locali le superstation Subasio, Number One e Radio Company. E non si può certo dire che queste “locali” – che mancano solo di concessione nazionale per essere assimilate a veri e propri network – possano assecondare i requisiti pocanzi citati. Eppure sono queste le “locali” che raggiungono grandi numeri in Audiradio e che quindi permettono alla categoria di avvicinarsi allo stesso dato raccolto dai network. Personalmente, avverto una vera “locale” un’emittente che copre un territorio limitato e che parla strettamente della zona in cui vivo. Una radio dove il valore aggiunto è uno speaker, giustificato anche se con un po’ di “cadenza”, che mi dà appuntamento nel locale di zona, che mi parla di un fatto di cronaca accaduto in un’area che conosco bene, che mi informa che domani in città c’è il blocco del traffico e che mi aggiorna sul risultato della squadra locale di calcio in serie D (informazione che a molti potrebbe apparire inutile, ma che invece fornisce un prodotto esclusivo)”. In alcune zone d’Italia (specialmente al nord), di queste “locali” non ne esistono più molte. Non fanno numeri in Audiradio, non hanno grossi introiti pubblicitari, non hanno la professionalità dei network e le hit inanteprima. Talvolta non fa nemmeno figo ascoltarle, ma dove esistono rimangono le uniche vere palestre per coloro che oggi (e sono sempre meno)vogliono avvicinarsi al mondo della radio. Con questa mail non propongo nessuna ricetta per salvaguardarle, ma semplicemente non riesco ad interpretare così vincente l’attuale situazione della vera radiofonia locale, quella che dà appartenenza e che non si limita ad un jukebox, magari inviato in syndication dalla parte opposta d’Italia”.
Attendiamo nuovi pareri sulla questione. (NL)
(immagine: Radio Jurassico, il sito della preistoria delle radio private italiane)