Nell’arco degli ultimi 10 anni l’ascolto radiofonico in auto è aumentato di quasi 10 punti percentuali.
In realtà non è la fruizione del medium nel suo complesso ad essere aumentata. Anzi, a ben guardare, il Censis (che ha lanciato un vero e proprio allarme equivalente a quello Miller negli USA) e l’Istat dicono che essa è diminuita sensibilmente a favore di altri mezzi emergenti (ovviamente IP based). Semplicemente l’ascolto indoor radiofonico è precipitato (in gran parte a causa della progressiva scomparsa dei ricevitori FM, ormai presenti in meno del 50% delle case, fenomeno che sta interessando pesantemente anche gli USA) e quindi è aumentata l’incidenza di quello nell’abitacolo, da sempre principale presidio radiofonico (ed oggi ancor di più).
Ciò, tuttavia, ha determinato un altro effetto: la concentrazione dell’approvvigionamento di contenuti radiofonici tra le mura in capo a pochissimi soggetti in grado, comunque, di garantirlo. Così l’ascolto originariamente distribuito in forma più o meno omogenea tra i top player si è concentrato in capo a RTL e Radio Italia, cioè i maggiori beneficiari dell’effetto visual radio, ovvero la forte presenza sul device tv, l’unico in grado di raggiungere la quasi totalità dell’indoor (se i ricevitori FM, come detto, non ci sono più in una casa su due, in ognuna di esse ci sono mediamente almeno due tv).
Si tratta del ritorno di un investimento lungo quasi 20 anni. Ma che è stato ripagato, nel caso di RTL, con oltre 2 mln di ascoltatori al giorno.
In quota consistente profughi di altri lidi radiofonici scomparsi dalle case.