Professioni, Antitrust: urgono interventi di liberalizzazione. Al centro del mirino: giornalisti, avvocati, commercialisti

La sacrosanta lotta dell’Antitrust ai filtri d’accesso per i giovani alle attività libero professionali, che aveva trovato una sponda nel precedente governo, con il plaudito Decreto Bersani, riprende con forza.

Con la speranza che gli attuali governanti resistano alle continue pressioni delle anacronistiche corporazioni italiane. Una lotta, quella contro i retaggi ottocenteschi degli ordini professionali, che diventa quanto mai urgenti nel vigente clima di recessione, dove ogni iniziativa professionale dovrebbe essere favorita e non certo boicottata.
 
Questo il comunicato dell’Agcm che illustra le conclusioni dell’indagini conoscitiva. 
 
Prevedere lauree abilitanti e tirocini più brevi da svolgere durante i corsi di studio. Aprire ad altre rappresentanze la gestione degli Ordini. Conclusa l’indagine conoscitiva deliberata per verificare il recepimento da parte di 13 categorie professionali dei principi concorrenziali. La maggior parte degli Ordini sta resistendo ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani che va dunque rafforzata per garantire maggiore concorrenza nei servizi professionali. E’ la principale conclusione cui è giunta l’indagine conoscitiva dell’Antitrust su 13 ordini professionali, avviata a gennaio 2007. stop - Professioni, Antitrust: urgono interventi di liberalizzazione. Al centro del mirino: giornalisti, avvocati, commercialistiDall’indagine emerge una scarsa propensione delle categorie, sia pur con positive eccezioni, ad accogliere nei codici deontologici quelle innovazioni necessarie per aumentare la spinta competitiva all’interno dei singoli comparti. La liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, la possibilità di fare pubblicità informativa e di costituire società multidisciplinari non sono state colte come importanti opportunità di crescita ma come un ostacolo allo svolgimento della professione. L’Antitrust ribadisce che il settore dei servizi professionali non può sottrarsi ai principi concorrenziali più volte ribaditi anche a livello comunitario e auspica che gli Ordini adeguino completamente i loro codici alle linee indicate dall’Autorità. L’indagine condotta ha riguardato i codici deontologici di architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili.
 
Di seguito le principali conclusioni.
 
 
RIFORMARE PER GARANTIRE LA LIBERALIZZAZIONE
 
La non corrispondenza di molti Codici ai principi concorrenziali è, di fatto, agevolata dalla normativa vigente: il decreto legge Bersani del 2006 come modificato dalla legge di conversione, a differenza dell’originaria versione, si limita, infatti, a prevedere la non obbligatorietà delle tariffe minime e fisse, lasciando intendere che esse potrebbero essere considerate come riferimento, raccomandazione o orientamento di prezzi per i professionisti, attenuando così significativamente la portata liberalizzatrice della riforma.
 
Anche il potere di verifica sulla pubblicità attribuito agli ordini (ugualmente non previsto nel testo dell’originario decreto legge) può essere utilizzato per limitare l’uso della leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti.
 
Nell’ottica di favorire la più ampia liberalizzazione dei servizi professionali occorre inoltre prevedere percorsi più agevoli di accesso alle professioni e un sistema degli ordinisti aperto alle rappresentanze di soggetti terzi per meglio svolgere il necessario ruolo di raccordo tra professionisti e utenti dei servizi professionali. E’ dunque auspicabile che il legislatore preveda, a seconda delle circostanze, l’istituzione di corsi universitari che consentano di conseguire direttamente l’abilitazione all’esercizio della professione. Anche il periodo di tirocinio dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento pratico delle diverse professioni e dovrebbe poter essere svolto, ove in concreto possibile, nell’ambito degli stessi corsi di studio.
 
Infine, sarebbe opportuno che gli organi di governo degli ordini non siano più espressione esclusiva degli appartenenti, ma siano composti anche da soggetti estranei agli ordini stessi.
 
Per questo l’Antitrust auspica un intervento del legislatore volto ad emendare la legge Bersani, prevedendo:
 
1) l’abolizione delle tariffe minime o fisse
 
2) l’abrogazione del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini.
 
3) l’istituzione di lauree abilitanti
 
4) lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio
 
5) la presenza di soggetti ‘terzi’ negli organi di governo degli ordini
 
Per quanto riguarda in particolare i notai, l’Antitrust suggerisce l’abrogazione dell’art. 30 del Decreto Legislativo n. 249/2006, che potrebbe essere erroneamente interpretato come abrogativo della riforma Bersani in materia di pubblicità e di onorari per i servizi notarili.
 
L’Autorità auspica inoltre che il legislatore – alla stregua di interventi già realizzati negli ultimi anni, tra cui, ad esempio, la liberalizzazione del passaggio di proprietà degli autoveicoli, motoveicoli e imbarcazioni – intervenga anche per rimuovere le riserve di attività tutte le volte in cui l’affidamento in esclusiva di una determinata attività non sia giustificato dal perseguimento di un interesse generale la cui tutela non potrebbe essere altrimenti garantita.
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LE RESISTENZE SULLE TARIFFE MINIME
 
Se alcuni Ordini, come l’Ordine dei Geometri, l’Ordine dei Dottori Commercialisti e Esperti Contabili, l’Ordine dei periti industriali e l’Ordine dei Farmacisti, anche a seguito del confronto avuto con l’Autorità, hanno adeguato i loro codici deontologici in materia di determinazione del compenso professionale ai principi concorrenziali, molti altri hanno mostrato resistenze, anche fondate sull’idea che il professionista sia ancorato al rispetto del “decoro” della professione nella determinazione della parcella, in quanto il decoro imporrebbe ai professionisti l’applicazione delle tariffe minime.
 
Così, alcuni ordini (notai, geologi e psicologi, oltre ai giornalisti) ancora oggi prevedono, nei rispettivi codici deontologici, l’applicazione delle tariffe minime o fisse per la remunerazione delle prestazioni professionali.
 
Su un diverso profilo si cerca di superare l’abrogazione dell’obbligatorietà dei minimi tariffari, prevedendo nei rispettivi codici deontologici l’obbligo di rispettare il criterio del decoro professionale (medici e odontoiatri, psicologi, geologi e ingegneri).
 
Altri ordini operano, infine, un rinvio formale all’art. 2233 del codice civile che sancisce il rispetto del decoro, ossia della tariffa, nella determinazione della misura del compenso (così avvocati, architetti, ingegneri), senza rinviare tuttavia anche all’art. 2, comma 1, lettera a), della legge Bersani, con ciò omettendo di evidenziare l’abrogazione dell’obbligatorietà delle tariffe fisse e minime.
 
Per l’Autorità, la nozione di decoro dovrebbe essere inserita, invece, nei codici di autoregolamentazione esclusivamente come elemento che incentivi la concorrenza tra professionisti e rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e non per guidare i comportamenti economici dei professionisti. Un compenso alto può essere decoroso per una prestazione di alto contenuto professionale ed economico, ma indecoroso per una prestazione poco complessa, resa in modo superficiale o di basso profilo economico.
 
 
I ‘FILTRI’ SULLA PUBBLICITA’
 
Alcuni codici deontologici esaminati, dettano, in materia di pubblicità, disposizioni piuttosto restrittive, segno di una forte resistenza al recepimento dei principi antitrust. Particolarmente restii a introdurre i principi concorrenziali sono apparsi gli ordini degli avvocati, dei notai, degli architetti, degli ingegneri, dei medici e odontoiatri, degli psicologi e dei geologi. Altri ordini, tra cui il nuovo Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, il Collegio dei geometri, il Collegio dei periti industriali e l’Ordine dei farmacisti, hanno invece adeguato i rispettivi codici di condotta alle osservazioni formulate dall’Antitrust nel corso dell’indagine, eliminando le limitazioni relative ai mezzi di diffusione delle pubblicità e al contenuto delle pubblicità, tra cui i limiti del decoro e della dignità della professione. Solo geometri e periti industriali hanno infine previsto espressamente la facoltà di diffondere messaggi pubblicitari comparativi.
 
Alcuni ordini vietano ai propri iscritti di pubblicizzare i compensi (avvocati e notai), altri di utilizzare determinati mezzi di diffusione (ad esempio, geologi). Inoltre alcune categorie hanno previsto un potere di controllo autorizzatorio e preventivo (avvocati, psicologi, medici e odontoiatri, ingegneri, geologi), mentre la legge Bersani si limita a prevedere una verifica successiva alla diffusione del messaggio pubblicitario. In alcuni codici è stata infine prevista la facoltà o l’obbligo di trasmissione della pubblicità, contestuale o successiva alla diffusione, all’organismo di controllo deontologico (farmacisti, psicologi, geologi, avvocati per i messaggi diffusi sul web).
 

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