di Giuseppe Cassano, avvocato già docente di diritto privato nell’Università LUISS
da Quotidiano Giuridico N 17/10/anno 2006
Il “diritto” di accesso non ha funzione meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, ma ha una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale e dalla stessa possibilità di instaurazione del medesimo. Esso è collegato a una riforma di fondo dell’Amministrazione, informata ai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa. In tale contesto si creano ambiti soggettivi normativamente riconosciuti di interessi giuridicamente rilevanti, anche in contrapposizione tra di loro: interesse all’accesso; interesse alla riservatezza di terzi; tutela del segreto. Situazioni soggettive, queste, che più che fornire utilità finali, risultano caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante. L’esercizio di tali poteri strumentali di accesso, tutelati dalla L. n. 241/1990 deve, però, ritenersi una facoltà dell’interessato, che può anche supporre preferibile l’instaurazione immediata del giudizio amministrativo, salvo poi l’attivazione dei poteri istruttori da parte del Giudice amministrativo. Ne consegue che dal mancato esercizio del “diritto” di accesso, il Giudice amministrativo non può far scaturire conseguenze negative in ordine all’onere della prova a carico del soggetto.
(Consiglio di Stato Sentenza, Sez. V, 18/09/2006, n. 5438)