Il presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Francesco Pizzetti, non poteva mancare di intervenire sullo scottante tema delle intercettazioni telefoniche durante la presentazione della relazione annuale, svoltasi questa mattina nella Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio.
Già nell’incipit del suo discorso, Pizzetti ha evidenziato la particolarità della Relazione 2009, in quanto non riguardante solo il bilancio dell’attività svolta ma anche “una riflessione sul ruolo, la funzione e i compiti” dell’Autorità, resa necessaria dalle “tematiche attualmente in discussione in Parlamento che continuamente evocano la privacy, anche se non sempre in modo appropriato”. Il riferimento è appunto all’acceso dibattito in corso sul disegno di legge riguardante le intercettazioni telefoniche, che chiama in causa il rapporto tra libertà di stampa, tutela della riservatezza e indagini giudiziarie. Un confronto in cui l’Autorità Garante “si è sinora rigorosamente astenuta dall’intervenire” ma sul quale Pizzetti ha ritenuto opportuno esprimere qualche precisazione, rivolgendosi in primo luogo al Parlamento. E’ indubbia la tensione che caratterizza la relazione tra libertà di stampa e riservatezza: “a seconda dei casi e della sussistenza o meno dell’interesse pubblico a conoscere – ha spiegato Pizzetti – il cursore si sposta o a favore della libertà di stampa o a favore della riservatezza”, il cui rapporto deve, comunque, “sempre essere valutato caso per caso”. Se non contrasta con la libertà di stampa l’imposizione di limiti alla diffusione di atti giudiziari al fine di tutelare l’attività giudiziaria da possibili fughe di notizie, specialmente nella fase delle indagini preliminari, più difficile, secondo Pizzetti, è invocare la tutela della riservatezza per giustificare la fissazione di “limiti specifici alla pubblicabilità delle intercettazioni, non perché contenute in atti giudiziari, che come tali possono essere diffusi per riassunto, ma in quanto dati raccolti con lo strumento delle intercettazioni”. In tale caso – che ricorre nel disegno di legge in discussione – vengono infatti stabiliti dei limiti alla pubblicazione degli atti giudiziari “in ragione del tipo di mezzo di indagine con il quale tali dati sono stati raccolti” e, dunque, il diritto alla riservatezza, secondo il Presidente dell’Autorità, non viene tutelato “in concreto e rispetto a casi specifici”. Si tratta, piuttosto, di “una difesa anticipata, disposta in via generale e astratta”, che non tiene conto del contenuto dei dati trattati ma che si attua “nei confronti di qualunque dato raccolto nel presupposto che, in ragione della natura dello strumento di indagine usato, debba sempre prevalere la tutela di questi dati perché raccolti nell’ambito di conversazioni fra persone”. Tale contesto, nel quale “il cursore” si sposta “tutto a favore dei limiti alla conoscibilità e quindi della riservatezza” può motivare, secondo Pizzetti, la preoccupazione sul pericolo che corre la libertà di stampa. Preoccupazione che ha alimentato le remore espresse nei confronti del disegno di legge, ma che, a giudizio del Presidente, presenta in verità “qualche eccesso”, sia perché “la scelta compiuta non incide su qualunque altro ambito di esercizio della libertà di stampa” sia perché “anche rispetto alle attività giudiziarie, riguarda solo la pubblicazione dei testi delle intercettazioni, essendo gli altri aspetti contenuti negli altri provvedimenti conoscibili per riassunto”. Pizzetti ha poi sottolineato gli eccessi compiuti negli ultimi anni dai giornalisti che hanno riempito le pagine delle testate con il contenuto di intercettazioni sempre riguardanti il mondo della politica, dello sport, dello spettacolo. L’esagerata attenzione rivolta a questi ambienti e, per converso, lo scarso spazio dedicato ad intercettazioni inerenti fatti di criminalità, “giustifica in parte il sospetto – ha dichiarato – che spesso si abbiano a cuore più gli indici di vendita, gli share e la concorrenza tra le testate, che non l’oggettivo interesse dell’opinione pubblica”. Da qui, a suo giudizio, “il manifestarsi di reazioni legislative che hanno condotto a scelte tanto impegnative quanto oggettivamente discutibili”. In merito alle pesanti sanzioni che il testo in discussione prevede a carico degli editori, Pizzetti ha evidenziato la presenza di una “discontinuità significativa”, rispetto alle previsioni contenute nella legge sulla stampa che distingue chiaramente il ruolo e le responsabilità del direttore responsabile da quelli dell’editore. Il Presidente dell’Autorità Garante della privacy ha parlato, a riguardo, di “una sorta di regime della libertà di stampa a due velocità”, in quanto nelle fattispecie previste dal ddl le violazioni compiute sono sanzionate penalmente e la responsabilità è condivisa con l’editore, mentre negli altri casi “tutto resta come prima”. Da qui la considerazione di Pizzetti circa l’opportunità di “continuare ad affidare tutto alla nostra Autorità e ai giudici, eventualmente prevedendo piuttosto che il Garante senta, prima di decidere, i rappresentanti della stampa e degli editori”. (D.A. per NL)