Dal 9 luglio scorso, Gianluigi Guarino, ex direttore del Corriere di Caserta dal 2002 al 2007 ed attuale direttore del portale d’informazione online www.casertace.net, è detenuto nella casa circondariale di Benevento a seguito del passaggio in giudicato dell’ultima condanna per diffamazione.
L’ultima sentenza (non appellata e quindi divenuta definitiva) ha fatto scattare gli effetti del cumulo di cinque condanne per diffamazione presentate a suo carico, per articoli scritti tra il 2004 e il 2005. Così per Guarino è stato disposto l’arresto, perché lo sprovveduto cronista probabilmente aveva dimenticato (?) di presentare appello nei confronti dell’ultima condanna con la conseguenza che, poco più d’un mese fa, i carabinieri si sono presentati puntuali alla sua porta, su ordine del Tribunale di Salerno, e l’hanno tradotto in carcere. Il codice di procedura penale, sull’argomento, è chiaro: anche i reati d’opinione, se cumulati, possono portare a pene detentive. Sulla natura della legge ci sarebbe da discutere abbondantemente, perché indegna d’un Paese che si proclama democratico. Però, a seguito di cinque condanne, non aver presentato appello, è stata un’imperdonabile leggerezza del giornalista campano, che si trova ora in cella (dove ha iniziato, dice il suo legale, a scrivere un libro sulla condizione carceraria dei detenuti del carcere di Benevento), assieme ad altri quattro detenuti, in attesa delle mosse del suo legale Raffaele Gaetano Crisileo. L’avvocato, già alcune settimane fa, intervistato da Iustitia, si dichiarava fiducioso. “Ho recuperato – diceva – le cinque sentenze di condanna e ho presentato al giudice del tribunale di Salerno che ha emesso l’ultima condanna la richiesta di un’udienza della "continuazione", che è stata fissata, in piena sessione feriale, al 10 agosto. Chiedo che sulla pena più alta, un anno di reclusione, il giudice applichi la continuazione del reato, stabilendo i mesi da aggiungere per le altre sentenze. Se verrà accolta la richiesta della continuazione, la pena definitiva sarà in ogni caso inferiore ai tre anni e Guarino potrebbe lasciare subito il carcere”. E così, infatti, sarà. Secondo quanto riportato da Caserta Ce (www.casertace.biz), periodico online che attualmente Guarino dirige, il presidente della I sezione penale del Tribunale di Salerno ha depositato in cancelleria il provvedimento con cui ha accolto la richiesta del legale di ridurre la pena a un anno e due mesi di reclusione, in applicazione dell’istituto della “continuazione”, aprendo, sostanzialmente, le porte del carcere a Guarino. La Procura della Repubblica di Salerno, infatti, dovrà ora emettere un nuovo ordine di carcerazione, da sospendere in virtù della Legge Simeone. “Sono enormemente soddisfatto – ha dichiarato ca Caserta Ce Crisileo – di questo primo e significativo risultato che aprirà, in tempi brevissimi le porte del carcere al direttore Gianluigi Guarino. Già domani, se non ci saranno risvolti immediati, mi recherò presso l’Ufficio dell’Esecuzione della Procura della Repubblica di Salerno per avere un primo contatto con il Pubblico Ministero delegato e poi andrò di nuovo in carcere a salutare il direttore per informarlo di quanto sta accadendo”. Nelle scorse settimane, intanto, dal mondo politico campano erano arrivate alcune dichiarazioni di solidarietà al giornalista, mentre gli organi di categoria avevano preferito mantenersi piuttosto freddi, considerando, forse, la fama di scarsa moralità acquisita da Guarino negli ultimi anni, specie dopo gli attacchi da parte di Roberto Saviano, che in due occasioni l’aveva accusato di pubblicare, sul suo giornale, titoli apparentemente pro-camorra. Il consigliere regionale del PD, Nicola Caputo, si era affrettato a dichiarare la sua “solidarietà”, certo che “presto la sua penna sarà restituita alle pagine della testata giornalistica ‘Caserta Ce’ per continuare con i suoi collaboratori il difficile lavoro dell’informazione nella nostra provincia”. Era intervenuto anche Massimo Grimaldi, presidente della Commissione Bilancio del Consiglio regionale, secondo il quale, invece, si sarebbe trattato di una “misura eccessiva” e per questo ha espresso anch’egli solidarietà, sottolineando che “a prescindere dallo stile pungente di cui è fautore e che molto spesso fa discutere, è oggi al centro di una vicenda professionale e umana che deve far riflettere”. Poche righe, non firmate dai vertici dell’associazione, erano, infine, pervenute in proposito dalla FNSI, i quali avevano preferito – in parte a ragione – concentrarsi, più che sulla vicenda umana e personale, sul significato di una legge che prevede ancora pene detentive per reati d’opinione. Oggettivamente una barbarie. (G.M. per NL)