Un articolo apparso sul sito de L’Unità (www.unita.it) di ieri, a firma di Toni Jop, ha aperto un dibattito su un tema decisamente interessante e poco trattato, da molti (i più) dato per scontato, anche se, forse, non lo è poi così tanto.
Il tema del radicamento sul territorio della Lega Nord e del suo rapporto con l’emittenza locale del settentrione. La leggenda vuole, così come anche i bambini sanno, che la ricetta che ha portato la Lega, in vent’anni, da piccola unione di partitini di provincia a membro imprescindibile (i numeri parlano da soli) della coalizione di governo, sia fatta di tanta presenza per le strade, nelle piazze, di un contatto diretto con la popolazione, grazie al quale il partito è riuscito a captare, catalizzare e cercare soluzioni “leghiste” ai problemi che maggiormente affliggono le popolazioni di quella importante (per dimensioni, pil e cultura) fetta d’Italia. In un Paese tramutatosi negli ultimi due decenni, in gran parte per via del potere mediatico del suo premier, da democrazia a “videocrazia” (come in molti la definiscono, richiamandosi al titolo di un celebre documentario, nei cinema lo scorso anno), la Lega, pur facendo parte della maggioranza guidata dal partito di Berlusconi, ha sempre dato l’impressione di rappresentare una mosca bianca in questo mosaico, in cui anche i partiti d’opposizione hanno dovuto inventarsi un modo “mediatico”, a volte alternativo (vedi le web tv YouDem), di stare al mondo, e nell’arena politica. In realtà, seguendo l’analisi operata da L’Unità, ci si accorge che anche nel caso del partito di Bossi la presenza in video ha rappresentato uno strumento importante, fondamentale, per la sua ascesa. L’utilizzo della miriade di emittenti locali (su 650 tv locali in Italia, 300 trasmettono soltanto in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia e Veneto) per comunicarsi, tramite news, dibattiti e talk show, nel giro di pochi lustri, ha portato la Lega, più che ad ascoltare il “territorio”, a crearlo, a forgiarlo, a renderlo malleabile agli impulsi e ricettivo ai segnali d’allarme che questa gli invia. In questo modo, dalle aperture dei tg locali ai discorsi nei bar e nelle piazze (passando per una “cortina” di assessori, sindaci e amministrazioni leghiste nei piccoli centri), il passo è stato breve, ma più che mai fondamentale, per far della Lega un partito così radicato. “Il raggio corto di queste esperienze di comunicazione – ha detto Vincenzo Vita, Pd, esperto di emittenza tv – si è incrociato perfettamente con l’ottica della Lega, c’è stato quasi un riconoscimento reciproco, molto felice sul piano della visibilità e della riconoscibilità di un messaggio politico”. Il tutto senza mai passare per un partito invasivo sul piano mediatico e, soprattutto, senza mai sporcarsi le mani con il controllo delle tv, che si concedevano in maniera naturale, in virtù di una naturale fluidità di relazioni. (L.B. per NL)