(Franco Abruzzo.it) – Triplice verdetto assolutorio assoluzione nel processo relativo all’omicidio di Anna Politkovskaya, la coraggiosa giornalista e polemista russa assassinata a colpi di arma da fuoco il 7 ottobre 2006 nell’ascensore del palazzo dove abitava, a Mosca. La giuria del Tribunale moscovita davanti al quale si e’ svolto il processo ha infatti giudicato non colpevoli i tre soli imputati per il delitto: i fratelli ceceni Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, accusati di complicita’ nell’esecuzione del crimine, e l’ex ufficiale di polizia Serghei Khadzhikurbanov, già in servizio presso il ministero dell’Interno, indicato come mandante. Assoluzione altresi’ per il colonnello Pavel Riaguzov dell’Fsb, i servizi segreti centrali, principale erede del Kgb sovietico; che era peraltro stato incriminato soltanto per abuso d’ufficio ed estorsione. La vittima, acerrima critica del Cremlino gia’ quando presidente era l’attuale premier Vladimir Putin, era famosa per le denunce delle atrocita’ perpetrate dalle truppe federali durante la guerra in Cecenia, pubblicate attraverso il quotidiano per cui lavorava, ‘Novaya Gazeta’; era madre di due figli e, al momento della morte, aveva 48 anni. La pubblica accusa ha immediatamente preannunciato appello. La difesa aveva ripetutamente sostenuto che i tre alla sbarra erano meri capri espiatori, i veri colpevoli godendo di protezione in alto loco. (AGI/REUTERS/EFE)
POLITKOVSKAIA, UNA GIORNALISTA SCOMODA. PROFILO dell’ANSA.
Roma, 20 febbario 2009. La giornalista russa Anna Politkovskaia, uccisa a Mosca nell’ottobre del 2006 in un agguato nell’ascensore di casa, era nota per le sue posizioni critiche nei confronti del Cremlino, in particolar modo per il conflitto in Cecenia. Politkovskaia, che aveva 48 anni quando fu uccisa, nella sua lunga attività di paladina dei diritti umani nella piccola repubblica caucasica, si era fatta molti nemici, sia fra le forze russe che fra i guerriglieri. Lavorava al quotidiano Novaia Gazeta, una delle voci più critiche nei confronti del potere: molti colleghi la consideravano come l’incarnazione della coscienza professionale e l’avevano insignita nel 2000 dell’equivalente russo del premio Pulitzer americano, il Penna d’oro. Il pubblico oltre confine l’aveva conosciuta per un suo libro di forte impatto emotivo sulla guerra in Cecenia, ‘Viaggio all’ inferno – diario cecenò, dove, aveva ricostruito i tanti abusi commessi dalle forze russe e dai loro alleati locali ai danni della popolazione civile. Nemici se ne era fatti anche nell’altro campo, quello della guerriglia separatista, per la denuncia del terrorismo e delle sofferenze di un popolo preso in ostaggio dalle ambizioni sia di Mosca che dei secessionisti. Ma sono molte le inchieste scottanti che la giornalista aveva portato avanti: la corruzione nelle alte sfere del ministero della Difesa e la controversa operazione, nell’ottobre del 2002, delle forze russe nel teatro di Dubrovka (almeno 129 morti fra gli ostaggi per l’annientamento dell’intero commando terrorista), solo per citare due dei casi più delicati. Politkovskaia aveva due figli. Nata nel 1958 a New York da una coppia di diplomatici ucraini accreditati all’Onu, era entrata nel giornalismo nel 1980, subito dopo la laurea in scienze delle comunicazioni conseguita a Mosca. Con la perestroika, era passata alla stampa indipendente, e della libertà di informazione aveva fatto la sua battaglia: durante il golpe dell’agosto 1991, fu fra i realizzatori del quotidiano Obshaia Gazeta, voce clandestina che, per i tre giorni del tentato putsch, riuscì a sfuggire alle maglie della censura per informare i cittadini degli eventi in corso. Alle vicende del conflitto ceceno si era appassionata alla fine degli anni ’90, e non solo come cronista: nel dicembre del 1999 fu lei a organizzare, sotto le bombe, l’evacuazione dell’ospizio di Grozny, mettendo in salvo 89 anziani. Aveva già subito un tentativo di omicidio: nel 2004, subito dopo la strage di Beslan, qualcuno tentò di avvelenarla mentre era in quella città dell’Ossezia per un reportage su quella drammatica vicenda. Qualche giorno dopo l’omicidio apparve sulla Novaia Gazeta il suo ultimo articolo,incompiuto, una sorta di genesi di una ‘confessionè nella Cecenia di Ramsan Kadirov.(ANSA).