Due fatti hanno animato la settimana politica, in tema di media Radio/Tv: il sostanziale via libera a Marcello Foa alla presidenza Rai e l’approvazione definitiva del Decreto Milleproroghe, che contiene norme sulle Radio e Tv locali.
Partiamo dalla questione Rai, dove le sorprese continuano. Il lungo congelamento di Foa come presidente ‘bocciato’ dalla Vigilanza, di cui abbiamo riferito su questo periodico, sembrava preludere, a rigor di logica, a una nuova designazione, appena il mondo politico avesse scelto e finalmente dato il via libera.
Nulla di tutto questo: alla fine ci sono stati i tanto attesi (almeno dai cronisti politici) incontri fra Salvini e Berlusconi e Foa ne è uscito di nuovo presidente, perché Berlusconi stavolta ha dato il suo placet a Salvini, in cambio di qualche rassicurazione sull’ulteriore mantenimento in vita della coalizione di Centro-Destra e di un accordo generale sui candidati per le prossime Regionali. Un esito paradossale, se si pensa al voto del 31 luglio in cui Forza Italia aveva deciso per un fermo no in Vigilanza sulla stessa candidatura ma si sa che la politica può tutto, soprattutto in tema di Rai. Non è peraltro affatto sicuro, dal punto di vista giuridico e formale, che lo stesso nome possa essere riproposto alla Commissione di Vigilanza a distanza di poche settimane; per questo la stessa Vigilanza ha votato una specifica disposizione, invitando il Cda Rai a riproporre un nome per la presidenza, “senza escludere nessuno”.
L’invito a riproporre Foa era evidente ma non per questo il passaggio è stato così semplice per il Cda di Viale Mazzini, dove qualcuno teme i ricorsi che ha preannunciato Rita Borioni (Consigliera vicina al PD). Quest’ultima ha diffidato gli altri Consiglieri a procedere con la (ri)designazione di Foa, dichiarando: “All’inizio della seduta odierna del Cda, ho presentato formale diffida a procedere all’elezione di Marcello Foa, visti i chiarissimi profili di illegittimità della stessa. Nonostante ciò, il Cda ha deciso di procedere ugualmente. A questo punto mi riservo qualsiasi azione a tutela dell’azienda stessa”.
Il Cda, appunto, ha però fatto quel che il mondo politico di maggioranza voleva (non c’erano dubbi, peraltro) e siamo così al ‘Foa bis’. Per lui 4 voti a favore in Cda Rai, un voto contrario e un astenuto (il Consigliere Laganà, che rappresenta i dipendenti Rai). Foa, naturalmente, non ha votato, mentre la Borioni ha votato contro e favorevoli sono stati, oltre all’AD Fabrizio Salini, i Consiglieri Beatrice Coletti (eletta in quota M5S), Igor De Biasio (Lega) e Gianpaolo Rossi (FdI).
La palla passa ora di nuovo alla Vigilanza, che voterà mercoledì 26 settembre: occorrerà la consueta maggioranza qualificata (almeno i due terzi dei voti) ma stavolta la quota dovrebbe essere raggiunta, con un voto diverso di Forza Italia. Se, salvo nuovi colpi di scena (il voto dovrebbe essere segreto e per questo ci sono state persino disposizioni ‘sotterranee’ dei gruppi su come scrivere il nome di Foa nell’urna, per cercare di individuare eventuali ‘franchi tiratori’), le cose andranno davvero così, resterebbe da spiegare il cambio di atteggiamento dei parlamentari di Forza Italia. Ma si è pensato anche a questo: con una procedura inedita, Foa sarà infatti audito in Vigilanza prima della votazione e probabilmente sue ‘opportune’ dichiarazioni consentiranno a chi ora lo voterà dopo averlo prima respinto di trovare una qualche motivazione per il suo cambio di atteggiamento.
Due osservazioni: se il presidente Rai deve essere, almeno negli auspici, una ‘figura di garanzia’ per tutti e quindi non essere smaccatamente ‘di parte’, Foa non sembrava avere questi requisiti nelle scorse settimane e non li ha certo acquisiti adesso, solo perché è passata l’estate e la situazione politica è ‘evoluta’. L’altra nota è che chi pensa ancora a una Rai che ‘prescinda dalla politica’ e che ora, con il nuovo Governo, potrà essere più ‘autonoma’, possiede evidentemente un forte senso dell’umorismo. Non è mai stato così e tantomeno lo è adesso, se l’azienda ha atteso quasi due mesi che la politica sciogliesse i suoi nodi. Seguiranno peraltro le nomine a reti, testate e strutture Rai e, come sempre, si lottizzerà per benino, come sempre è accaduto.
C’è però stato un altro avvenimento di un certa importanza, per il mondo delle Radio e Tv locali stavolta, nel corso della settimana che si è conclusa domenica 23 settembre. Si tratta dell’approvazione definitiva in Parlamento (al Senato) del decreto legge Milleproroghe, che diventa dunque legge.
L’ennesimo provvedimento con questo nome (le proroghe, come noto, in Italia non finiscono mai) contiene anche alcune norme che interessano le emittenti radiofoniche e televisive locali. Il Milleproroghe infatti si occupa anche dei contributi pubblici alle emittenti locali, secondo la nuova normativa approvata con specifico regolamento poco più di un anno fa.
Ricordiamo che con l’individuazione di alcuni nuovi requisiti per l’attribuzione dei contributi e anche e soprattutto la previsione di una graduatoria nazionale gestita dal Ministero dello Sviluppo Economico al posto delle graduatorie regionali stilate dai Corecom, il regolamento intende superare la precedente erogazione ‘a pioggia’, prevedendo criteri selettivi di merito, come numero dei dipendenti, limiti alle televendite, ascolti Auditel (anche se le Tv locali iscritte ad Auditel a marzo erano solo 159) e altro ancora.
Naturalmente qualcuno, come sempre è accaduto nel mondo dell’emittenza locale, storicamente diviso, non ha gradito le novità (specialmente l’eliminazione delle graduatorie regionali) e sono fioccati i ricorsi alla giustizia amministrativa, in particolare da parte del ‘gruppo Telemolise’, assai agguerrito, in alleanza con una serie di Televisioni, in genere di ‘caratura medio-piccola’, che si sono ritenute penalizzate dai nuovi criteri di attribuzione dei contributi e si sono mobilitate, anche in pieno agosto 2018. A fronteggiarsi erano dunque, per capirci e molto schematicamente, ‘grandi Televisioni’, con le maggiori associazioni del settore a supporto, contro alcune Tv locali di minori dimensioni e inoltre ‘grandi regioni’ contro ‘piccole regioni meno popolose’.
La giustizia amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) stava seguendo il suo corso e i suoi tempi ma nel frattempo, come si sa, il settore delle Tv locali è sprofondato in una profonda crisi, cosa che ha reso piuttosto urgente l’erogazione di nuovi contributi, molto attesi specialmente dalle emittenti in maggiore difficoltà. Sembra essere per questa serie di ragioni che alla fine il regolamento sui contributi è stato inserito nel Milleproroghe (sembra essere stato importante, in questa chiave, il ruolo della Lega in Parlamento).
L’idea, per capirci, sarebbe quella che una legge non possa essere soggetta ai ‘capricci’ del TAR, al contrario di un regolamento, ma la questione a sua volta è oggetto di contestazioni e vedremo se reggerà alla distanza. Nelle speranze generali, infine, la nuova impostazione legislativa porterà a un’accelerazione nell’erogazione dei contributi, che altrimenti resterebbero bloccati in attesa dell’esito dei ricorsi alla giustizia amministrativa.
In ogni caso, il Milleproroghe estende l’attuale regime transitorio per l’accesso al Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione anche al 2019, prevedendo altresì che per le domande presentate il prossimo anno andrà conteggiato il numero medio di dipendenti occupati nell’esercizio precedente, anche se si dovrà essere in possesso del requisito anche al momento della presentazione della domanda. Tale disposizione, in riferimento al 2019, vale sia per le Televisioni commerciali locali che per le Radio commerciali locali.
Per dare un’idea di quale sia la posta in gioco, ricordiamo infine che, come ha scritto ‘Il Sole 24 Ore’, le domande presentate sulla apposita piattaforma Sicem del Ministero da Radio e Tv per l’annualità 2018 dei contributi sono state 1.029 (186 Tv commerciali; 238 Tv comunitarie; 302 Radio commerciali; 303 Radio comunitarie). (M.R. per NL)