Non era una prima tv, ma il successo è stato quello di una prima. Non era certo leggero da “digerire”, eppure milioni di italiani sono rimasti tutt’e quattro le ore della “maratona” attaccati allo schermo per vedere chi era Paolo Borsellino, un eroe dei nostri tempi, un italiano per cui vale ancora la pena di andare fieri della nostra nazionalità. E’ stato un successo, si diceva, ma più che in termini d’introiti pubblicitari (le interruzioni per gli spot sono state – crediamo volutamente – in numero minore rispetto al solito sproposito), il successo, ieri sera, è stato quello di mostrare a generazioni che forse hanno solo, a malapena, sentito parlare di “un certo Paolo Borsellino”, o di “un certo Giovanni Falcone”, chi fossero, realmente, questi due personaggi, quanto abbiamo fatto per il nostro Paese, per loro in particolare, per le generazioni future. “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Queste parole, che dovrebbero scolpirsi nell’immaginario collettivo, specie delle nuove generazioni, sono state pronunciate dal giudice Borsellino in occasione della veglia funebre del compianto amico e collega Falcone. E sono, quanto mai, attuali (non è retorica), da momento che, come lo stesso magistrato sosteneva, molti esponenti della cosiddetta Seconda Repubblica affondano le proprie radici politiche nel sangue, nella complicità con le organizzazioni mafiose. Personaggi come Borsellino servono da esempio per tutti e bene ha fatto Mediaset ad omaggiarlo, nel giorno del quindicesimo anniversario della strage di Via D’Amelio (in cui perse la vita insieme a cinque agenti della scorta). Per non dimenticare chi ha sacrificato la propria vita per noi, per tutti noi. (Giuseppe Colucci NL)