Due fattori condizionano lo sviluppo della televisione terrestre. Il primo è costituito dalla coincidenza di interessi dei player telefonici – attirati dalle enormi prospettive di sviluppo della cd. Long Term Evolution (LTE, o tecnologia 4G) – e degli operatori radiotelevisivi per le frequenze al momento pianificate per la radio e la tv digitale.
E poiché i primi, a differenza dei secondi, hanno risorse economiche, prospettive di introiti e sollecitazioni dell’utenza decisamente più rilevanti dei secondi, non devono stupire le dichiarazioni dei giorni scorsi di Agcm e Agcom relative alla stimolazione di una destinazione dei diritti d’uso rtv nella direzione della banda larga in mobilità. Il secondo fattore condizionante, è costituito dallo sviluppo della tecnologia, che cozza contro le logiche commerciali fin qui elaborate. Poiché, infatti, la disponibilità di capacità trasmissiva DTT continua a crescere, grazie ad algoritmi più performanti che la fanno aumentare esponenzialmente anche al diminuire delle frequenze disponibili, i prezzi sono destinati a scendere sempre più. E se oggi i listini dei network provider si sono ridotti del 50% rispetto alle stime (illusorie, invero) dell’epoca dell’avvento del DTT, con l’arrivo del DVB T2 è attesa un’ulteriore, fortissima, discesa. Al punto che il DTT potrebbe divenire concorrenziale addirittura con lo streaming live e lo sviluppo della tv digitale potrebbe dividersi in due strade parallele: on demand sul web, tradizionale o pay per view sul DTT. Insomma, la radio e la tv (ma soprattutto quest’ultima) potrebbero presto scrivere il proprio futuro in un’ottica meno pessimistica o, se si vuole, più adeguata ai tempi. A condizione, però, di stare coi piedi per terra e la testa nel futuro, piuttosto che coi piedi in testa.