Ore 21:00: divano e chiacchiere, forse qualche anno fa. Oggi ci rifugiamo con spaventosa normalità in mondi tanto paralleli quanto astratti, e ci si trova fisicamente insieme nella stessa stanza, ma emotivamente lontani km l’uno dall’altro.
La rete ci fa sentire attivi, ancora legati da fili sottili con il mondo esterno, grandi e forti contro la solitudine del silenzio domestico. Purtroppo è solo una nostra illusione: la solitudine è mascherata dal suono della chat, dai tag delle foto e forse dai commenti lusinghieri degli amici (o definiti tali), ma in realtà stiamo isolando le nostre emozioni, le stiamo soffocando. Non sono di certo le tecnologie ad incidere negativamente sulle persone, perché noi siamo ciò che vogliamo essere, siamo una sorta di specchio del libero arbitrio: ma le abitudini tecnologiche non stanno invadendo troppo la genuinità dell’uomo? Forse si, perché oggi non serve più abilità nei conti, memoria geografica, ricerca, perché l’accelerazione, la velocità e l’efficienza occupano la scena e pretendono un caro prezzo: un po’ del nostro modo di essere, le nostre capacità cognitive ed affettive. Ma è davvero questo il vero significato di “condivisione”? Internet ha messo in soffitta la grammatica, la memoria e forse anche i sentimenti veri? La connessione ti permette di raggiungere gli occhi e le orecchie di tutto il mondo, ma forse trascura quelle delle persone davvero vicine, lasciandole emotivamente sole. Ecco come gli adolescenti si trovano impreparati al dialogo, perché hanno strappato sempre più la voce alle parole, lasciando alla comunicazione un’arida scrittura, spesso fatta di termini in codice molto distanti dalla sintassi tradizionale. Nonostante ciò, i social network contagiano il popolo e lievitano fino a monopolizzare il nostro tempo libero (e non), creando una vera e propria dipendenza dal web. Facebook vanta mezzo miliardo di utilizzatori e in soli tre anni il suo fatturato è passato da 150 milioni a 4 miliardi di dollari. Il segreto di tale continua crescita è la promessa di Mark Zuckeberg di connettere tutto il mondo al fine di concepire il web come strumento non più solo di ricerca, ma di scoperta. Di certo l’innovazione è portatrice di crescita,conoscenza e cultura, ma l’uso superficiale della rete annulla tale operazione intelligente, rendendoci simili ad un “popolo di scimmie”, come ci ha definito il Premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa. Mentre l’evoluzione tecnologica raggiunge alti livelli, noi regrediamo e ci nascondiamo dietro tablet e pc per non affrontare la realtà, isolando la mente: spazio virtuale contro spazio reale, rapporti interpersonali contro rapporti virtuali. È possibile una convivenza del concreto con l’astratto? Si, ma è necessaria una guida affinchè tutti si possa facilmente distinguere le emozioni vere da quelle virtuali, e magari preferire i toni accesi di un litigio al silenzioso rumore dei tasti del pc. La tecnologia non è altro che un elettrodomestico (sofisticato e prezioso): non dimentichiamolo, e soprattutto, ricordiamolo ai nostri cari. (C.S. per NL)