L’anno appena archiviato è stato difficile. Più del previsto. Non che ci si aspettasse l’uscita dalla crisi esplosa nel 2008 nell’arco di una ventina di mesi, ma quasi tutti – in fondo – si sperava nel miracolo.
Che invece non è avvenuto. Il settore televisivo locale ha patito le difficoltà di ogni altro distretto produttivo nazionale, con l’aggravante di dover fare i conti con la migrazione tecnologica del DTT, con la cancellazione di un’importante fetta di contribuzione economica dello Stato e con una politica governativa ostile. E alle radio locali non è andata meglio: la pubblicità areale, pur faticosamente rimessasi in marcia, non ha tenuto il ritmo promettente di quella nazionale, cosicché gli editori faticano a pianificare investimenti indispensabili per un futuro numerico col quale, prima o poi, l’antico medium dovrà misurarsi. Sul 2011 nessuno si sbottona: ci dicono che l’economia crescerà ancora; ma anche che la scadenza dei lavori di ricostruzione del mercato è fissata al 2015. Quindi, non rimane che consolarci con un aforisma: scritta in cinese la parola crisi è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro l’opportunità. Vediamo allora di coglierla in questo 2011.