Roma – Numerose segnalazioni giunte a Punto Informatico in queste ore e quelle pubblicate su p2pforum.it non lasciano adito a dubbi: è in corso l’invio di una seconda ondata di raccomandate ad utenti italiani dei sistemi peer-to-peer, o comunque ad utenti internet ritenuti colpevoli di sharing illegale da parte degli agenti della casa discografica Peppermint.
Questo secondo invio, che segue le raccomandate delle scorse settimane, era temuto da tempo, e non sorprenderebbe se a breve oltre a quelle inviate per conto di Peppermint ne arrivassero anche altre trasmesse per conto di altri produttori che si sono affidati alla medesima società, la svizzera Logistep, per le attività di monitoraggio delle reti di peering.
Come nella prima ondata, anche queste raccomandate propongono formalmente un accordo che, attraverso il pagamento di 330 euro, porti il produttore interessato ad evitare denunce formali e l’utente a cancellare qualsiasi file irregolare si trovi sul computer e a promettere di non scaricare più nulla di illegale in futuro. Un accordo che per avere valore, secondo lo studio legale che segue il caso, deve essere accettato dall’utente entro l’ultimo giorno di luglio (qui per leggere il testo della comunicazione)
Si tratta, come già ampiamente spiegato da associazioni dei consumatori come Altroconsumo o Adiconsum, e ripreso da siti dedicati, di una richiesta a cui l’utente italiano può difficilmente andare incontro. Pagare, infatti, può essere interpretato come una ammissione di colpevolezza rispetto ad un atto, la condivisione di file sulle reti di sharing, che sulla carta in Italia come noto è considerato un reato passibile di sanzioni penali e perseguibile come tale d’ufficio, quindi indipendentemente da una denuncia di parte.
Le nuove raccomandate arrivano mentre il quadro complessivo della vicenda Peppermint continua a tenere banco tra gli addetti ai lavori, con i confini dell’intera operazione di identificazione e trattamento dei dati personali degli utenti che rimane tutta da chiarire. Tanto che, come noto, anche il Garante per la privacy intende valutare se le operazioni Peppermint-Logistep siano o meno legali secondo le normative italiane.
Comprensibile dunque se alcuni utenti sottolineano come “La cosa strana di questa seconda ondata di lettere è che lo studio legale non ha aspettato il 18 luglio per inviarle, ossia la data prevista per l’udienza sulla presunta illegittimità costituzionale dei metodi di indagine svolti dalla Logistep… Che siano arrivate adesso lettere basate su “prove” per le quali non è ancora stata ribadita la legittimità mi suona davvero come una provocazione”.
Sui siti delle due associazioni sono reperibili articoli e suggerimenti per far fronte a questo genere di comunicazione.