Il mercato dell’on-demand cresce inesorabile, e con esso anche i ricavi di Netflix. Ma per rimanere al passo, servono grossi investimenti per la produzione di contenuti. Apple e Google in prima fila come potenziali acquirenti.
I dati parlano chiaro: il 36% degli italiani sceglie l’on-demand a pagamento rispetto alla televisione tradizionale. Ed allargando ulteriormente il focus geografico, la media sale: in Europa si parla del 50%, in tutto il mondo addirittura il 65%. Ed è in quest’ottica che Netflix, con i suoi 75 milioni di abbonati, sta crescendo esponenzialmente portando i propri ricavi nel 2015 a 6,78 miliardi di dollari; per fare un confronto Hbo, la pay tv statunitense che conta 140 milioni di abbonati, non è arrivata nemmeno a 5 miliardi. Il problema di Netflix è però quello della redditività, avendo un risultato operativo del 2015 che si assesta a 305 milioni dollari (soltanto il 4,4% dei ricavi totali, quando invece l’ebit di Hbo supera il 30%. Inoltre la tv in streaming di Reed Hastings ha sinora basato la propria gamma di contenuti su concessioni arrivate quando la tv in streaming non era ancora considerata appetibile come lo è diventata oggi; adesso, invece, gli operatori classici si stanno muovendo per formare una sorta di cartello anti-Netflix, come testimoniano accordi recenti come quello fra CBS e Sky. E altri broadcaster, come il messicano Televisa che entro la fine del 2016 ritirerà dalla pay tv in streaming tutti i propri contenuti spostandoli sulla piattaforma autonoma Blim, stanno seguendo processi simili. Secondo alcuni analisti, lo scenario inizierebbe dunque a prospettare l’opzione di una cessione del gruppo, anche perché i potenziali acquirenti ci sono e la lista non è nemmeno corta: in prima linea troviamo Apple e Google, con fatturati da capogiro che permetterebbero loro di “mangiarsi” Netflix senza troppe difficoltà. Poi troviamo tutta la galassia delle partecipate di Hulu, naturale concorrente della pay tv on demand: Comcast, Disney e 21st Century Fox. In realtà, proprio tenendo conto del ritiro delle offerte contenutistiche, la possibilità di vendita da parte di Netflix lascia un po’ il tempo che trova; il motivo per cui Netflix ha una bassa redditività, infatti, è proprio da riscontrarsi nei grossi investimenti in contenuti che sono arrivati ai 10 miliardi, per non parlare delle spese per rendere la piattaforma mondiale, raggiungendo la copertura di ben 190 paesi al mondo. Parlare di vendita del colosso dello streaming, quindi, risulta forse un po’ prematuro; magari, sarebbe il caso di parlare di un gruppo che investe e crea qualcosa di nuovo, invece di limitarsi ad acquistare format e produzioni altrui. (G.C. per NL)