La fusione Sky Italia-Mediaset Premium non avrà luogo. Le banche internazionali e i rumors del settore sono concordi e unanimi: stop alle trattative, troppi ostacoli legislativi a cui va aggiunto il polverone della Fifa. Per ora tutto fermo quindi, anche se è indubbio che avrebbe un senso creare anche in Italia un unico operatore di pay tv, come già accade in tutti gli altri mercati europei, tenuto conto che nel nostro paese il bacino di abbonati non cresce e si è assestato ormai da anni ben sotto i sette milioni di famiglie. Forse, spiega un report di Citigroup, “il momento potrebbe non essere quello giusto”, in primis perché il gruppo Mediaset, nel suo complesso, ha un bilancio 2014 solido e ci sono buone prospettive per il 2015 (non ci sarebbe una imminente necessità di vendere, e, anzi la pay tv Premium potrebbe proprio in questa e nelle prossime stagioni trarre benefici dalla esclusiva sulla Champions League di calcio). Inoltre, fanno notare gli analisti, una fusione Sky-Premium potrebbe non riuscire a ottenere l’approvazione delle autorità competenti; in aggiunta ci sono pure le dichiarazioni del premier italiano Matteo Renzi, che ha paventato una modifica dei criteri con cui sono venduti i diritti televisivi del calcio, e quelle di Marco Bogarelli, presidente di Infront Italia, in forte polemica con Sky Italia e che auspica l’ingresso di un grande gruppo di telecomunicazioni come ulteriore player nella partita per la spartizione dei diritti. Un clima del genere ha suggerito involontariamente a entrambe le parti di tirare il freno a mano su qualsiasi trattativa. E da questa battuta d’arresto Sky potrebbe trarre un certo vantaggio: attendere almeno un anno significherebbe vedere quel che accade sul fronte abbonamenti, verificare se Premium riuscirà a crescere sufficientemente per giustificare l’investimento nei diritti Champions League, ed eventualmente ripresentarsi al tavolo nel 2016 con una forza contrattuale maggiore e un rapporto di concambio, in caso di fusione Sky-Premium, più favorevole agli uomini di Rupert Murdoch. Va comunque sottolineato che la tv di Murdoch in Italia fatica a spiccare il volo e le differenze di performance con le altre Sky europee stanno via a via diventando quasi imbarazzanti: per esempio, il risultato operativo medio è stato del 3,7% tra il 2010 e il 2014 in Italia, rispetto al 16,3% nel Regno Unito e in Irlanda. Per Mediaset, invece, è diverso e il gruppo può guardare con maggiore distacco agli eventi di questi giorni, dal momento che il suo business maggiore è costituito dalla tv free. Secondo Bernstein, il Biscione ha usato Premium “innanzitutto come investimento strategico per proteggere il suo business nella tv in chiaro dalla crescita di un competitor. Ora può andare avanti così, oppure disinvestire parzialmente aprendo il capitale di Premium a Vivendi, Telecom Italia o a entrambe”. Con l’esclusiva Champions League l’obiettivo del gruppo presieduto da Marco Giordani è quello di incrementare di 200 mila unità all’anno i suoi abbonati: sulle scelte dei consumatori influirà molto il parterre di squadre italiane coinvolte dall’esclusiva (sicuramente Juventus e Roma in Champions, a cui aggiungere un team tra Lazio e Napoli). Sky, dal canto suo, offrirà l’esclusiva dei campionati inglese e tedesco e lotterà per l’assegnazione dei diritti dei match spagnoli e francesi. (V.R. per NL)