Il Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana (OUA), Maurizio De Tilla, spiega, in un editoriale comparso su Guida al Diritto del Sole 24 Ore del 22 agosto, le ragioni che hanno condotto l’avvocatura italiana alla firma, insieme all’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ed alle altre componenti del mondo giudiziario, del “Patto per la Giustizia e per i Cittadini”.
L’iniziativa è stata promossa nel corso della “Giornata nazionale per la giustizia” svoltasi per la prima volta in Italia il 5 maggio 2009 e ha condotto il 9-10 luglio scorso alla stipula del “Patto” con il quale le maggiori associazioni rappresentative degli operatori del sistema giustizia propongono al Governo delle linee guida condivise che dimostrano la possibilità di fare funzionare la giustizia e di fornire ai cittadini un servizio più rapido ed efficiente, in grado di garantire agli utenti il diritto costituzionale della “ragionevole durata” del processo civile e penale. In particolare, il Presidente dell’OUA ritiene che, in passato, sia stato un grave errore non tenere in considerazione l’avvocatura tutte le volte in cui si introducevano novità o modifiche nell’assetto e nei tentativi di risanamento della macchina giudiziaria. Oggi, invece, l’avvocatura vuole essere partecipe delle modifiche e dei miglioramenti che il Governo vorrà adottare per risolvere i problemi della lentezza dei processi. È infatti interesse dell’avvocato, oltre che in primo luogo del cittadino, potere contare su una pronta ed efficiente soluzione delle controversie giudiziarie. L’avvocato, infatti, guadagnerebbe in fiducia nei confronti della parte assistita se la soluzione delle controversie fosse più celere e giusta. Le lamentele degli “operatori” nei confronti del Governo riguardano soprattutto l’indiscriminata politica dei tagli delle risorse economiche: gli addetti al settore, magistrati, avvocati, personale amministrativo e forze dell’ordine, ormai da troppi anni, lavorano in condizioni di emergenza, con mezzi insufficienti. Infatti, il taglio alle risorse economiche nel settore della giustizia in realtà ha come unica conseguenza l’aggravamento della situazione di emergenza e non è dato calcolare quanto il cattivo funzionamento dei processi influisca negativamente sull’economia del paese, sul sistema delle imprese e sul quotidiano vivere civile fra i cittadini. Uno dei punti salienti, secondo De Tilla, del “Patto” è costituito dalla riforma dell’ordinamento forense. Già la Costituzione riconosce parità di ruolo fra magistrati ed avvocati nel processo, ma tale parità pare di fatto solo enunciata. La riforma dell’ordinamento forense andrebbe dunque accompagnata, a suo giudizio, da una necessaria modifica della Costituzione che menzioni anche l’avvocatura come soggetto costituzionale, così da rendere gli avvocati partecipi e più attivi nell’impegno a risolvere i problemi della giustizia anche a livello legislativo. Tra i punti fondamentali del Patto rientrano inoltre: “l’ammodernamento della macchina giudiziaria, attraverso nuove norme che snelliscano le procedure, come di recente avvenuto per la giustizia amministrativa, nonché un nuovo modello organizzativo che metta al centro l’efficacia del servizio offerto alla cittadinanza (…); risorse adeguate per il funzionamento degli uffici, un progetto concreto di informatizzazione – che porti allo snellimento delle procedure attraverso le notifiche telematiche ed il processo telematico completo – ed una appropriata formazione per il personale (…)”. Il documento prefigura, inoltre, “l’istituzione di una magistratura “non togata”, che deve essere resa uniforme e selezionata con rigore all’accesso, garantendo alla stessa dignità ed adeguato trattamento retributivo-previdenziale. È molto importante, inoltre, prevedere” – si legge sul Patto – “un sistema di incompatibilità assoluta tra funzione giudiziaria e libera professione, nonché una formazione adeguata ed efficienti strutture logistico-organizzative. Secondo De Tilla la firma del “Patto per la giustizia” dimostra “la volontà di cambiare con efficacia e trasparenza”. (D.A. per NL)
L’iniziativa è stata promossa nel corso della “Giornata nazionale per la giustizia” svoltasi per la prima volta in Italia il 5 maggio 2009 e ha condotto il 9-10 luglio scorso alla stipula del “Patto” con il quale le maggiori associazioni rappresentative degli operatori del sistema giustizia propongono al Governo delle linee guida condivise che dimostrano la possibilità di fare funzionare la giustizia e di fornire ai cittadini un servizio più rapido ed efficiente, in grado di garantire agli utenti il diritto costituzionale della “ragionevole durata” del processo civile e penale. In particolare, il Presidente dell’OUA ritiene che, in passato, sia stato un grave errore non tenere in considerazione l’avvocatura tutte le volte in cui si introducevano novità o modifiche nell’assetto e nei tentativi di risanamento della macchina giudiziaria. Oggi, invece, l’avvocatura vuole essere partecipe delle modifiche e dei miglioramenti che il Governo vorrà adottare per risolvere i problemi della lentezza dei processi. È infatti interesse dell’avvocato, oltre che in primo luogo del cittadino, potere contare su una pronta ed efficiente soluzione delle controversie giudiziarie. L’avvocato, infatti, guadagnerebbe in fiducia nei confronti della parte assistita se la soluzione delle controversie fosse più celere e giusta. Le lamentele degli “operatori” nei confronti del Governo riguardano soprattutto l’indiscriminata politica dei tagli delle risorse economiche: gli addetti al settore, magistrati, avvocati, personale amministrativo e forze dell’ordine, ormai da troppi anni, lavorano in condizioni di emergenza, con mezzi insufficienti. Infatti, il taglio alle risorse economiche nel settore della giustizia in realtà ha come unica conseguenza l’aggravamento della situazione di emergenza e non è dato calcolare quanto il cattivo funzionamento dei processi influisca negativamente sull’economia del paese, sul sistema delle imprese e sul quotidiano vivere civile fra i cittadini. Uno dei punti salienti, secondo De Tilla, del “Patto” è costituito dalla riforma dell’ordinamento forense. Già la Costituzione riconosce parità di ruolo fra magistrati ed avvocati nel processo, ma tale parità pare di fatto solo enunciata. La riforma dell’ordinamento forense andrebbe dunque accompagnata, a suo giudizio, da una necessaria modifica della Costituzione che menzioni anche l’avvocatura come soggetto costituzionale, così da rendere gli avvocati partecipi e più attivi nell’impegno a risolvere i problemi della giustizia anche a livello legislativo. Tra i punti fondamentali del Patto rientrano inoltre: “l’ammodernamento della macchina giudiziaria, attraverso nuove norme che snelliscano le procedure, come di recente avvenuto per la giustizia amministrativa, nonché un nuovo modello organizzativo che metta al centro l’efficacia del servizio offerto alla cittadinanza (…); risorse adeguate per il funzionamento degli uffici, un progetto concreto di informatizzazione – che porti allo snellimento delle procedure attraverso le notifiche telematiche ed il processo telematico completo – ed una appropriata formazione per il personale (…)”. Il documento prefigura, inoltre, “l’istituzione di una magistratura “non togata”, che deve essere resa uniforme e selezionata con rigore all’accesso, garantendo alla stessa dignità ed adeguato trattamento retributivo-previdenziale. È molto importante, inoltre, prevedere” – si legge sul Patto – “un sistema di incompatibilità assoluta tra funzione giudiziaria e libera professione, nonché una formazione adeguata ed efficienti strutture logistico-organizzative. Secondo De Tilla la firma del “Patto per la giustizia” dimostra “la volontà di cambiare con efficacia e trasparenza”. (D.A. per NL)