Roma – La tv pubblica non potrà più contare sulle entrate pubblicitarie? Il canone sarà il magro bottino con cui le emittenti pubbliche francesi potranno orchestrare una programmazione attraente? Parigi snocciola la soluzione: con un’abile opera di travaso, parte dei ricavi conquistati dagli operatori della rete potrebbero finanziare le produzioni delle televisioni che rischiano di impolverarsi negletto nei salotti d’oltralpe.
Il tutto scaturisce dalla proposta di riforma radicale della struttura del sistema radiotelevisivo francese: France Télévisions, il gruppo di emittenti pubbliche locali, dovrebbe passare da un sistema di finanziamento misto, che prevede la riscossione del canone e le entrate pubblicitarie, ad un sistema che potrebbe prevedere il semplice contributo dei cittadini. Un passaggio previsto per il 2009, che creerebbe una voragine di 800 milioni di euro: un ammanco che potrebbe influire pesantemente sulla qualità della programmazione.
Così, la commissione istituita a gennaio dal presidente Sarkozy, composta da parlamentari e esponenti dell’industria televisiva, ha presentato tre soluzioni, da sottoporre al parlamento: aumentare il canone, imporre un’imposta indiretta sulle apparecchiature elettroniche o sottrarre alla rete per redistribuire alla tv. Quest’ultima appare l’alternativa caldeggiata dal presidente della commissione Jean-François Copé: inutile riversare sulle spalle dei cittadini l’incombenza di tappare un buco che gli ISP potrebbero riempire versando un contributo “decisamente moderato”, pari allo 0,5 per cento sui propri ricavi. Tanto più che i provider – ha argomentato Copé – “già trasmettono programmi televisivi senza pagare alcunché”.
I membri della commissione incaricati di stilare un piano per una transizione sostenibile hanno pareri diversi e non è escluso che si metta in campo una combinazione delle tre strategie. Gli operatori delle TLC rappresentati dalla Fédération Française des Télécoms si dimostrano disponibili a sobbarcarsi il peso di un ulteriore balzello, a patto che la tassazione si riversi non sui ricavi delle loro attività ordinarie, ma sulle entrate pubblicitarie dei portali che gestiscono online. Una curiosa soluzione che però avrebbe il merito di spostare l’imposizione dal “diritto all’accesso” al traffico generato utile alle entrate pubblicitarie.
Nel frattempo, gli attori della rete rumoreggiano: a rappresentarli, l’Association des Services Internet Communautaires (ASIC), organismo che raccoglie fra gli altri Google, Yahoo, MySpace, Microsoft. Avevano espresso il loro dissenso già nel mese di febbraio, quando la proposta iniziava a profilarsi all’orizzonte: “creare una tassa che per finanziare altri media pesi su Internet, uno spazio di informazione sempre più apprezzato dai francesi – sostenevano – è anacronistico”. Tassare un settore emergente, spiegavano i funzionari dell’Associazione, equivale ad ostacolare l’innovazione, significa reprimere la creatività dei produttori di contenuti che si esprimono con questo mezzo.
Ribadiscono ora, alla luce delle sortite della Commissione incaricata di tracciare le linee guida per la transizione: la tassazione degli operatori della rete rischia di destabilizzare un settore emergente, un settore che potrebbe trainare l’economia e rivelarsi un serbatoio significativo per la forza lavoro in un prossimo futuro, ma i cui attori soffrono ancora di non poche fragilità. “Tassare Internet per finanziare la televisione è sintomo di uno sguardo rivolto verso il passato, è come imporre delle tasse sulla navigazione a motore per finanziare la navigazione a vela”. Una tassa imposta a tutti gli editori del web, piccoli come blogger o imponenti come operatori di portali di video sharing, rischia a loro parere di minare alla base l’intero ecosistema della Internet francese.
I gruppi di pressione mettono in guardia il parlamento, che il mese prossimo dovrà decidere quale strada battere: le redistribuzioni e i travasi nel sistema integrato delle comunicazioni dovrebbero essere accuratamente soppesate e confrontate con l’obiettivo del governo di “rendere la Francia un grande paese digitale”.
Gaia Bottà