Come purtroppo tristemente noto, mercoledì 7 gennaio, nella centralissima Ile-de-France, tre terroristi armati e incappucciati hanno fatto irruzione nella redazione del settimanale al grido di “Allah Akbar”, hanno radunato gli uomini in una stanza e hanno aperto il fuoco.
Al nostro paese spetta forse una primogenitura del genere satirico, risalente addirittura al XV secolo: è del 1400 infatti la bolognese cappella Bolognini della Basilica di San Petronio, che raffigura Maometto torturato dai demoni e gettato all’inferno tra atroci sofferenze – come riporta un articolo di ItaliaOggi di giovedì 8 gennaio, la sorveglianza attorno alla Basilica di San Petronio in questi giorni è stata intensificata – . È stata proprio la satira, un genere improntato sulla critica grottesca con fini innocui (in questo gli antenati medievali, a quanto pare, erano molto più tolleranti di noi contemporanei), a scatenare le ire degli estremisti nella capitale parigina. Difendere la libertà a tutti i costi, anche pagando il prezzo più caro: ossia la vita stessa. È quello che hanno scelto di fare il direttore di Hebdo Stéphane Charbonnier e i suoi redattori, rifiutando di arrendersi ai nemici della satira, difendendo la libertà di espressione, che è un diritto di tutti, svincolato da legami di cultura, razza o religione. Certo è che il disegnatore satirico, trucidato barbaramente nell’attentato parigino, come mette in luce l’articolo di ItaliaOggi, ha dato una grande lezione a uno degli “eroi” e degli uomini più ricchi al mondo, ossia il presidente nonché fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. Paladino e protettore del diritto di libertà di espressione (almeno a parole), nel 2012 Zuckerberg si era piegato alle possibili minacce estremiste, cancellando le vignette satiriche e grottesche sull’Islam e su Maometto, postate da Charlie Hebdo, censurandole e rimuovendole dalla sua piattaforma social. La strage di due giorni fa non resta comunque un evento isolato e buttando uno sguardo al passato ci si rende ben presto conto che numerosi erano stati i campanelli d’allarme, forse sottovalutati e presi sotto gamba dalle autorità. Ci si è dimenticati infatti con estrema velocità dell’attentato al regista olandese Theo Van Gogh, avvenuto nel 2004, la cui unica colpa era stata quella di aver inserito nel suo film Submission, dettagli e scene ritenute offensive nei confronti del mondo islamico. Atto di estrema crudeltà non fu solo l’assassinio in quanto tale, ma anche i due coltelli piantati in pancia al regista, contenenti documenti di evidenti minacce ai governi occidentali. Dopo quell’episodio, gli estremisti radical-fanatici non persero tempo, prendendo di mira l’anno successivo il quotidiano danese Jyllands-Posten, reo di aver pubblicato una striscia di vignette satiriche sul profeta dell’Islam: in una di esse, Maometto era raffigurato con una bomba in testa, che sostituiva il classico turbante. Le minacce non tardarono a farsi sentire, ci furono tumulti e assalti alle ambasciate che fecero numerose vittime, tra cui un sacerdote italiano in missione in terra turca. In quell’occasione Charbonnier prese le difese del quotidiano danese, sostenendo a gran voce la libertà di stampa e di espressione, gesto di solidarietà che gli estremisti non hanno certo dimenticato. A fine 2011, la redazione di Charlie venne poi completamente distrutta da un incendio doloso e il sito del giornale venne attaccato dagli hacker dopo un numero speciale denominato ‘Sharia Hebdo’. Fino a giungere al triste epilogo e alla strage dei giorni scorsi che ha causato la morte di 12 persone, causando una decina di feriti gravi, che non sembrerebbero in pericolo di vita. Nel frattempo sono ancora latitanti i tre responsabili della strage, i fratelli Cherif e Said Kouachi e un terzo non ancora identificato: da subito è scattata la caccia all’uomo e il colossale rastrellamento nei villaggi e nelle foreste della zona a circa 70 chilometri da Parigi, ma senza esito. Ieri secondo giorno di lutto nella capitale francese, con bandiere a mezz’asta e minuto di raccoglimento. Il presidente Hollande, durante il suo discorso ha dichiarato “Sono i nostri eroi. La nostra migliore arma è l’unità. Nulla può dividerci. Riuniamoci. La libertà sarà più forte della barbarie. Riunitevi: questa deve essere la nostra risposta di fronte a questa prova. Vinceremo, niente potrà farci cadere”. “Disegnatori di grande talento, cronisti coraggiosi sono morti", ha continuato Hollande, invitando a "difendere nel loro nome questo messaggio di libertà. Questi uomini, queste donne sono morti per l’idea che avevano della Francia, e cioè per la libertà. Oggi sono i nostri eroi". (V.R. per NL)