Come già noto, sarà Vittorio Feltri, dal prossimo 24 agosto, a dirigere il quotidiano Il Giornale succedendo a Mario Giordano, il quale, aiutato da Giovanni Toti con la qualifica di condirettore, si ricollocherà ai vertici del TG di Italia 1 Studio Aperto. Procedendo con ordine, Giorgio Mulè guiderà Panorama e Panorama Economy nella poltrona lasciata libera da Maurizio Belpietro, che, chiudendo il cerchio, prenderà in consegna Libero. Dalle pagine di questo giornale si è già accennato a questi cambi di guardia leggendoci dietro un preciso disegno politico: tra l’altro lo ricordava ieri anche Sabina Rodi su Italia Oggi (p. 13), esaltando le doti "atomiche" che il designato direttore de Il Giornale avrebbe nel contrastare la corazzata De Benedetti già intenta a dipingere il nostro Presidente del Consiglio con vezzi e velleità da Don Giovanni. Dietrologia tralasciando, alla luce degli ultimi dati diffusi da Ads (media mobile delle copie vendute da maggio 2008 ad aprile 2009 rispetto al precedente anno, www.adsnotizie.it), in casa Mondatori appare verosimile una gestione delle poltrone intesa a ricercare una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili. Per il momento, comunque, nessuno dei neo direttori si è sbilanciato in manifesti programmatici e la notizia che desta maggiore interesse, probabile leit motiv di tutti gli spostamenti nella compagine del gruppo berlusconiano, è il ritorno di Vittorio Feltri in orbita Fininvest. Inutile celebrare il giornalista, ne conosciamo tutti capacità e doti da quando portò il settimanale L’Europeo da 78.000 a 140.000 copie, oppure da quando, occupandosi de L’Indipendente, ne risollevò le sorti tifando per "Mani Pulite" in sodalizio col Nord "celodurista". L’indubbia portata carismatica di Feltri ed il crescente gradimento che riscuote tra lettori e colleghi (se si contano le partecipazioni di giornalisti in programmi televisivi di approfondimento politico, il neo direttore di via Negri, la sigla di Via col Vento la conosce come l’inno di Mameli) potrebbe generare imbarazzo in un collega altrettanto autorevole come Maurizio Belpietro. Nel suo nuovo incarico alla guida della testata Libero, egli dovrà vedersela con un naturale spostamento di lettori dal salotto di casa Angelucci a quello di Berlusconi e, con i tempi che corrono, impegnarsi nel fronteggiare efficacemente la già conclamata crisi dell’editoria stampata. Spetterà a lui il compito più difficile, ma anche la sfida più avvincente: quale destino per Libero? Il padre fondatore del quotidiano lascia la scrivania al suo vecchio delfino (ricordiamo che Belpietro, nel 1994, è stato vicedirettore di Feltri quando questi succedette ad Indro Montanelli proprio a Il Giornale) che dovrà farsi carico di una pubblicazione spogliata del supporto di colui che l’ha fondata pilotandone le sorti fino ad oggi. Non è una mera questione politica e la partita, nell’hinterland del gruppo di Segrate, non si giocherà solo sul terreno di chi saprà meglio fronteggiare una Sinistra a cui, in diverse circostanze, il gruppo editoriale L’Espresso ha inteso tendere la mano. Guardando un po’ più in là del proprio naso, a nostro modesto avviso, si dovrà trovare la formula giusta per interessare i lettori anche meno politicizzati con contenuti di livello un po’più elevato del botta e risposta in differita su gossip ed intercettazioni sotto le lenzuola. I grandi temi che dovrebbero costituire la linea editoriale di una pubblicazione che sappia interessare il proprio pubblico, non crediamo possano essere più ricercati negli "sgarbi quotidiani": editori e direttori, ci sia consentito, dovrebbero spogliarsi del loro spirito machiavellico su come far bene la guerra ad avversari politici e soppiantare l’arte della denigrazione dell’ antagonista in favore di contenuti che meglio si attaglino alle aspettative del proprio pubblico ed allo spirito autentico del buon giornalismo. (Stefano Cionini per NL)