Torna alla ribalta quel mito di cui anni addietro si narrava e che descriveva “Pannella che mangia i suoi figli”, sottolineando come il guru, il fondatore e massimo esponente (nonostante non ricopra nessuna carica ufficiale all’interno del partito) dei Radicali Italiani sia solito rendere la vita difficile ai giovani seguaci della sua corrente. Magari involontariamente, magari per una costruttiva provocazione, Pannella finisce sempre per scatenare guerriglie intestine, a volte autolesioniste, all’interno del partito. Probabilmente si tratta del suo modo di intendere la politica e la militanza, sempre in prima linea, sempre a dispensare critiche ed elogi, perennemente pronto ad intraprendere azioni di protesta, finanche nei confronti dei suoi collaboratori, quasi sempre “lanciati”da lui nel mondo politico e radicale. Questa volta si tratta del secondo round dello scontro verbale con Daniele Capezzone, recentemente defenestrato dalla carica più importante del partito per far posto a Rita Bernardini. Forse per il suo impegno a tempo pieno nella Commissione Affari Produttivi della Camera, forse per la consacrazione della sua figura politica (che andava ad intaccare la “sovranità” di Pannella), forse anche per la diversità caratteriale dell’enfant prodige rispetto al suo guru, da quando si è insediato il nuovo Governo, non c’è pace per Daniele Capezzone, continuamente punzecchiato, criticato, bacchettato dal “papà” di tutti i Radicali. Questa volta, dopo l’ultimo exploit, in diretta, ai microfoni di Radio Radicale, lo scontro si rinnova, ma indirettamente. Capezzone tiene ogni domenica una rubrica, una rassegna stampa dei fatti accaduti nell’arco della settimana, con notevole successo di pubblico, facendo registrare, in quel frangente, ascolti notevolmente superiori rispetto agli standard dell’emittente. E’ accaduto che domenica sera (14 gennaio, ndr), durante la consueta conversazione domenicale tra Pannella e Massimo Bordin, direttore della radio, la “guida spiritual-radicale” abbia commentato la “rassegna stampa” di Capezzone, etichettandola come “egregia, ma manifestamente autopromozionale”, confidando, inoltre, la volontà di Marco Cappato (segretario dell’Associazione Concioni) di essere “testato” alla guida della rassegna stampa, in luogo di Capezzone. Apriti cielo. Bordin, a queste affermazioni, e tenendo conto dei “precedenti” tra Pannella e il “figlioccio” Capezzone, ha sbottato, rispondendo sulle righe: “Pannella, io non ho paura di niente e di nessuno, tu al massimo puoi licenziarmi ma fare mobbing no eh…allora, senti facciamo una cosa, la programmazione della domenica mattina la decide il partito. Dirigo Radio Radicale dal 1991, forse anch’io ho fatto il mio tempo”. Pronta risposta: “Eh no, io non sono mica il tuo superiore, questa è una decisione che devi prendere in un altro contesto, non qui in diretta”. Insomma, Pannella, anche quando non vuol essere esplicitamente polemico, finisce per diventarlo. Non tarda ad arrivare l’ovvia reazione dell’ex segretario radicale, il quale, in una lettera aperta al partito, lamenta il sopraggiungere di “una sorta di incomprensibile ‘mobbing’ che mi addolora, proprio perché non ne vedo ragioni, obiettivi e utilità”. Ribadisce Capezzone: “Comunque, dinanzi a tutto questo faccio una scelta, lo dico sorridendo, ma anche con serietà, non violenta. Non solo non me ne vado, non solo resto qui, ma farò di tutto perché la smettiamo di farci (e, se posso permettermi, perché Marco smetta di farsi) inutilmente del male”. E siccome provocare Pannella è come svegliare un can che dorme, nell’ultima contro-reazione quest’ultimo afferma: “Prego Capezzone di avvisarmi per tempo se, dopo il mobbing, non ci siano attentati, non solo morali ma anche fisici alla sua persona e alla sua esistenza da parte del mondo radicale… Certo da qualche settimana Capezzone ci obbliga ad accorrere in suo aiuto contro l’evidente tentativo di eliminarlo, di farlo tornare nel silenzio dell’anonimato e nell’apparente impotenza degli inermi perbene”. Fine del botta e risposta, si torna al lavoro congiunto, alla collaborazione, alla stima reciproca. Però fa parte, probabilmente, del dna dei Radicali, e di Pannella in primis, sentire la necessità di un dibattito acceso, spesso polemico, ancor più spesso intestino (oltre che, ovviamente, nei confronti di altre componenti di politica e società), al fine di portare avanti coraggiosamente e coerentemente i proprio obiettivi, le proprie missioni, le proprie utopie. E la storia ha dimostrato che queste utopie, accompagnate sovente da enormi aloni di polemica, spesso si sono realizzate, mutando (molto frequentemente in meglio) i tratti somatici della società italiana. Certo, a volte finiscono per diventare autolesionisti, ma anche questi sono i Radicali, il cui progressismo finisce regolarmente per oltrepassare la linea di confine che la gente normale non si sente ancora pronta ad oltrepassare. (L.B. per NL)